T.2
Tzvetan Todorov
Georges Baudot
Come gli aztechi
«vedono»
gli spagnoli
Autore:
Tzvetan Todorov (1939-vivente),
saggista e filosofo bulgaro
Georges Baudot (vivente), storico francese
Testo tratto da:
Racconti aztechi della
conquista
, Einaudi, Torino 1988,
pp. XXIII-XXV
Data della prima pubblicazione:
1983
Anche gli aztechi non avevano conoscenza dell’al-
tro: gli spagnoli apparivano loro fondamentalmen-
te diversi da qualsiasi essere umano avessero mai
incontrato prima e si presentavano, inoltre, forniti
di animali e strumenti del tutto eccezionali. Messi
di fronte alla novità di un mondo totalmente di-
verso dal proprio, anch’essi attinsero al serbatoio
di conoscenze in loro possesso e considerarono
gli europei delle divinità dotate di poteri magici;
anche per questo motivo non li percepirono subi-
to come nemici, non reagirono con tempestività
all’aggressione e non riuscirono a sfruttare la loro
schiacciante superiorità numerica.
Come vennero percepiti i nuovi venuti, una
volta approdati a quelle terre? In mancan-
za di una consuetudine preliminare, quel-
la che si determinò fu una visione che po-
trebbe definirsi ‘distanziata’. Gli archibugi
divengono trombe-da-fuoco; le navi, colline
che si muovono da sole, case che galleggia-
no sospinte da grandi drappi; i cavalli sono
T.3
Tzvetan Todorov
Il problema
dell’«altro» per
gli europei
Autore:
Tzvetan Todorov (1939-vivente),
saggista e filosofo bulgaro
Testo tratto da:
La conquista dell’America.
Il problema dell’”altro”
, Einaudi, Torino
1984, pp. 155-161
Data della prima pubblicazione:
1982
Tzvetan Todorov è convinto che la causa principa-
le della distruzione delle popolazioni americane
derivi dall’incapacità degli europei di ammettere
che la diversità delle popolazioni indigene non
caprioli o cervi e, a un primo contatto, non
è dato sapere se essi non formino un uni-
co corpo con coloro che li montano. […]
Ma questa visione ‘dal di fuori’ prelude ad
una successiva e inderogabile interpretazio-
ne. Sarà proprio in questo sforzo di capire,
di interpretare che ci imbatteremo in un
ulteriore tratto peculiare dell’incontro tra
Indiani [
gli indigeni che vivevano in Ameri-
ca
] e Spagnoli: questi ultimi saranno tenu-
ti, in un primo tempo, per dei. Vi allude,
ripetutamente, il Codice fiorentino
1
: «Ed
egli aveva agito in questa guisa, lui, Mote-
cuhzoma, perché li teneva per dei, per dei li
aveva scambiati. Per questo erano detti ‘gli
dei-venuti-dal-cielo’; e gli uomini neri fu-
rono detti ‘gli dei-sporchi’ (cap. VIII)». […]
Non si tratterebbe genericamente di dei,
ma dello stesso Quetzalcoatl, dio e sovra-
no leggendario, cacciato dal suo trono, di
cui si attende messianicamente il ritorno
[…]. Probabilmente questa specifica iden-
tificazione venne influenzata – e quasi in-
dotta – dal medesimo Cortés. Ma lo stesso
non potrà dirsi per la convinzione diffusa
che attribuisce una natura genericamente
divina agli Spagnoli; credenza le cui atte-
stazioni sono troppo numerose per potere
essere tutte, sistematicamente, manipolate.
E allora, come fu possibile ciò? Una più che
plausibile risposta potrà essere letta tra le
righe di quegli stessi passi che ci mettono
a parte di tale credenza: è la ‘novità’, l’in-
solito aspetto, la diversità che, insieme con
la superiorità delle competenze tecnologi-
che, induce l’assunzione dei nuovi venuti
al rango di dei.
significasse automaticamente inferiorità. Cortés,
per esempio, guardò con entusiasmo le raffinatezze
della civiltà azteca, ma la sua ammirazione era
riservata agli oggetti, e anche quando descriveva
gli individui, ne sottolineava le attitudini, senza
mai interessarsi alla loro personalità. Come la
maggior parte dei suoi contemporanei, egli non
traduce la comprensione della grandezza degli
aztechi in un «riconoscimento» della loro sogget-
tività, ma anzi la trasforma in una terribile arma
che favorisce la sottomissione.
Cortés comprende relativamente bene il
mondo azteco che gli si disvela dinanzi agli
occhi, meglio certamente di quanto Mon-
tezuma non comprenda la realtà spagnola.
Tuttavia questo superiore grado di compren-
«GLI AZTECHI, DI FRONTE
ALLA PROFONDA DIFFERENZA
DEGLI SPAGNOLI, LI PRENDONO
PER DIVINITÀ»
Un altro episodio riferito da Durán illustra
esemplarmente questo processo. Motecuh-
zoma ha inviato maghi e incantatori per
contrastare la marcia degli Spagnoli, evo-
cando contro di loro visioni terrorifiche,
provocandone malattie, al fine di ‘raggelar-
ne il cuore’. Invano. Ed ecco la spiegazione
che i maghi danno del loro fallimento: «Si
trattava di persone totalmente diverse da
noi per umori e composizione. La carne di
questi dei era dura, nessuna arte di magia o
incantamento poteva penetrarvi e agire su
di essi, giacché non aveva forza sufficiente
per giungere al loro cuore».[…]
Gli Aztechi, fino ad allora, sono vissuti – no-
nostante l’enorme estensione del loro impe-
ro – all’interno di un mondo relativamente
chiuso. Ignorano la radicale alterità umana
e, imbattendovisi, si avvalgono della sola
categoria disponibile, l’unica che ammetta,
appunto, l’alterità assoluta: quella divina.
L’equivoco non dura a lungo; e tuttavia es-
so ha corso nel momento in cui gli Spagno-
li sono particolarmente vulnerabili, con la
conseguenza di esercitare un effetto paraliz-
zante sugli Indigeni che, in luogo di contra-
stare l’avanzata dei nuovi venuti, li venerano.
1.
Testo che contiene testimonianze orali rac-
colte fra 1550 e 1555 da fra Bernardino de
Shagùn.
sione non impedisce ai
conquistadores
di di-
struggere la civiltà e la società messicane; al
contrario, si ha l’impressione che sia proprio
tale capacità di comprendere a rendere pos-
sibile la distruzione. Ci si trova in presenza
di una terribile concatenazione (dal com-
prendere al prendere e dal prendere al di-
struggere), e vien da chiedersi se essa fosse
proprio ineluttabile. La comprensione non
avrebbe dovuto andare di pari passo con la
simpatia? E lo stesso desiderio di prende-
re, di arricchirsi a spese altrui, non avrebbe
dovuto spingere a conservare l’altro, poten-
ziale fonte di ricchezza? Il paradosso della
comprensione-che-uccide scomparirebbe
senza difficoltà se, in coloro che capivano,
fosse esistito nello stesso tempo un giudizio
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