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Le fonti della storia
Le popolazioni caraibiche secondo Las Casas e Sepúlveda
Nato nel 1474 a Siviglia, Bartolomé de Las Casas fu impressionato sin dalla giovinezza dai viaggi di Colombo, cui parteciparono anche membri
della sua famiglia, in primo luogo il padre. Senza dubbio, Las Casas apprezzò e ammirò le motivazioni religiose che spinsero Colombo a intra-
prendere le sue spedizioni. Nel 1502 Bartolomé raggiunse l’isola di Haiti e nel 1510 divenne sacerdote, il primo a ricevere gli ordini nei territori
americani. Da allora in poi la sua lunga vita (morì a 92 anni nel 1566) fu contrassegnata dalla lotta a favore degli indios.
Alle posizioni di Las Casas si contrapposero, anche all’interno della Chiesa, quelle di coloro che giustificavano la schiavitù dei popoli amerindi, in
quanto li consideravano «per natura» inferiori. Sotto il brano di Las Casas riportiamo perciò qui di seguito un duro giudizio del filosofo aristotelico
Juan Ginés de Sepúlveda (1490 ca.-1573). La questione appassionò gli spagnoli tanto che l’imperatore Carlo V convocò i due contendenti in una
pubblica disputa tenutasi a Valladolid nel 1550.
LAS CASAS
Da tutti questi esempi antichi e moderni appare chiaramente che non vi sono nazioni al mondo, per quanto zotiche, incolte, selvagge
e barbare, rozze o crudeli e quasi animalesche esse siano che non possano essere persuase, condotte e avviate all’ordine e alla civiltà
e diventare civilizzate, pacifiche e di buon carattere se si usa abilità e disposizione e se si segue la via che è propria e naturale degli
uomini, cioè in modo particolare quella dell’amore, della dolcezza, e dell’allegrezza e se si cerca soltanto questo fine.
La ragione di ciò sta nel fatto (che Tullio espone nel primo libro del
De legibus
) che tutte le nazioni del mondo sono composte di
uomini e che per tutti gli uomini, come per ciascuno di loro, vi è una sola definizione possibile, che essi sono razionali: tutti hanno
un loro intelletto, una loro volontà e un loro libero arbitrio, perché essi sono fatti a immagine e rassomiglianza di Dio. […]
Così, tutta la razza degli uomini è unica, e tutti gli uomini per ciò che concerne la loro creazione e le cose naturali sono simili e nes-
suno nasce istruito; e così noi tutti abbiamo bisogno, all’inizio, di essere guidati e aiutati da altri che sono nati prima di noi. Di modo
che, quando si trovano nel mondo popolazioni così selvagge, esse sono come la terra incolta, che produce facilmente cattive erbe e
spine, ma essa ha dentro di sé tale virtù naturale che, lavorandola e curandola, produce frutti commestibili, sani e utili. […]
Da tutto ciò ne consegue necessariamente che è impossibile, di una impossibilità totale, che tutta quanta una nazione sia completa-
mente incapace, o di un giudizio così insufficiente o barbaro e d’una razionalità così insufficiente che essa non si sappia governare
e che non possa essere indotta, attirata verso qualche buona dottrina morale, e in modo particolare istruita nelle cose della fede e
imbevuta della religione cristiana.
(da Bartolomé de Las Casas,
La leggenda nera. Storia proibita degli spagnoli nel Nuovo Mondo
, Feltrinelli, Milano 1972)
SEPÚLVEDA
È per questo che le belve sono domate e sono sottoposte all’autorità dell’uomo. Per questo motivo l’uomo comanda alla donna,
l’adulto al fanciullo, il padre al figlio: cioè i più forti e i perfetti prevalgono sui più deboli e sugli imperfetti.
Questa stessa situazione si riscontra tra gli uomini; perché ve ne sono che sono per natura signori di altri, che per natura sono servi.
Quelli che superano gli altri per prudenza e per saggezza, anche se non prevalgono per la forza fisica, quelli sono, per la stessa natura,
i signori; al contrario, i pigri, i tardi di mente, anche se hanno le forze fisiche per compiere tutti i lavori necessari, sono per natura dei
servi.
Ed è giusto ed utile che essi siano servi, e noi lo vediamo sanzionato dalla stessa legge divina, perché sta scritto nel Libro dei Proverbi:
«Lo stolto servirà il saggio». Tali sono le nazioni barbare e inumane, estranee alla vita civile e ai costumi tranquilli. E sarà sempre giu-
sto e conforme al diritto naturale che queste genti siano sottomesse all’autorità di principi e nazioni più colte e umane, di modo che,
grazie alla virtù di quest’ultimi, e alla prudenza delle
loro leggi, essi abbandonino la barbarie e si confor-
mino a una vita più umana e al culto della virtù. E se
essi rifiutano questa autorità, si può loro imporla per
mezzo delle armi e questa guerra sarà giusta come lo
dimostra il diritto naturale. […]
In conclusione: è giusto, normale e conforme alla leg-
ge naturale che gli uomini probi, intelligenti, virtuosi
e umani dominino tutti quelli che non hanno queste
virtù.
(da
La scoperta dei selvaggi
, a cura di G. Gliozzi,
Principato, Milano 1971)
Manuel Samaniego,
Virtù e difetti del colonizzatore
(1788).
Per la comprensione
1.
Spiega l’affermazione di Las Casas che «tutta la
razza degli uomini è unica».
2.
Spiega l’affermazione di Sepúlveda relativa all’uso
della forza nel caso in cui gli indigeni rifiutino
l’autorità delle «nazioni più colte»: «Questa guerra
sarà giusta come lo dimostra il diritto naturale».
3.
Confronta i due testi e commentali.
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