Sezione I - Il Consiglio dei Ministri

Articolo 96

Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

La storia

L’articolo 96 fu approvato per armonizzare la norma dell’art. 90 riguardante il Presidente della Repubblica. La norma si riferisce ai reati (per gli atti politici, infatti, il Presidente del Consiglio e i ministri rispondono al Parlamento che può revocare la fiducia) per i quali i membri del Governo sono chiamati a rispondere penalmente, ma solo dopo che la Camera di appartenenza ha approvato l’«autorizzazione a procedere».

Il commento

Il testo originale dell’art. 96 era il seguente: «Il Presidente del Consiglio e i Ministri sono posti in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni». L’articolo è stato modificato nel 1989 perché la Commissione parlamentare inquirente – composta da membri del Parlamento – non era ritenuta in grado di garantire un giudizio indipendente e autonomo. Per questo motivo, l’attività inquirente è stata affidata al potere giudiziario, reputato assai più in grado di garantire una maggiore indipendenza di valutazione.
Tuttavia, il nuovo testo dell’art. 96 prevede una norma di tutela che limita le reali possibilità operative del potere giudiziario, imponendogli di richiedere l’autorizzazione a procedere (alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica) tutte le volte che la Camera a cui appartiene il parlamentare inquisito ritenga che questo «abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della forma di Governo».