Sezione II - La formazione delle leggi

Articolo 75

È indetto referendumpopolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendumper le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendumtutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendumè approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

La storia

Il dibattimento si focalizzò sul referendum sospensivo, ovvero sulla possibilità di sospendere la validità delle leggi approvate dal Parlamento tramite una consultazione popolare. L’Assemblea votò contro il referendum sospensivo in quanto, nel corso della discussione, fu evidenziato il pericolo che un partito potesse facilmente raccogliere il numero di firme necessarie per il referendum sospensivo e poiché vi era la convinzione che i cittadini non possedevano le competenze tecniche necessarie per esprimere un giudizio «sulle leggi non ancora esperimentate».
Nonostante i vibranti contrasti, l’Assemblea raggiunse un accordo per il referendum abrogativo, la cui approvazione comporta l’annullamento di una legge. Non mancarono, però, i pareri contrari come quello dell’on. Aldo Bozzi (Unione democratica nazionale): «[…] con il referendum sospensivo a un certo momento il popolo si sovrappone e impedisce che i suoi rappresentanti diano esecuzione alla loro volontà deliberata nella forma della legge […] è pertanto evidente che, data l’esistenza di partiti di massa, sarà molto facile a questi partiti di organizzare […] l’ostruzionismo extra-parlamentare».

Il commento

Secondo la dottrina, il referendum va inteso come «uno strumento di democrazia diretta», insieme all’iniziativa legislativa popolare e alla petizione.
Negli anni, la prassi politica ha finito per modificare l’istituto del referendum così come era stato pensato dall’Assemblea costituente: secondo i costituenti, infatti, il referendum doveva avere «carattere eccezionale» ed essere «solamente abrogativo».
In realtà, dal 1974 al 2005 si sono tenuti 59 referendum suddivisi in 14 tornate elettorali: ciò ha fatto venire meno il carattere eccezionale dell’istituto. Inoltre, è venuto meno anche il carattere esclusivamente abrogativo in quanto la Corte costituzionale ha permesso lo svolgimento di referendum manipolativi (cioè che riguardano solamente una parte di una legge: questi non sono abrogativi perché chiedono di modificare una norma e non di cancellarla), di minoranza (ovvero promossi dalla minoranza con la finalità di cancellare una legge approvata dalla maggioranza: il caso più noto riguarda il referendum del 1985 sulla scala mobile) e di natura consultiva (ovvero, «finalizzati ad interrogare il corpo elettorale su opzioni che si proiettavano ben oltre il quesito stesso»: l’esempio più noto riguarda i referendum del 1987 sull’energia nucleare).