Titolo IV - Rapporti politici
Articolo 51
Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
La storia
Il dibattito sull’art. 51 ruotò intorno al primo comma. L’on. Maria Federici (Democrazia cristiana), a nome del Gruppo parlamentare femminile, chiese che l’Assemblea prevedesse le più ampie garanzie per assecondare le «aspirazioni delle donne italiane». La richiesta fu accettata, ma il relatore Umberto Merlin (Democrazia cristiana) ribadì che «doveva rimanere ben chiaro come la donna non potesse ovviamente accedere a tutti gli uffici: così, per esempio, non avrebbe potuto fare da carceriera nei penitenziari maschili».
Il secondo comma, nonostante i timori riguardanti «i delicati problemi di diritto internazionale», fu inserito quale dichiarazione di principio. Nell’accettare la norma, l’on. Meuccio Ruini (Gruppo misto) dichiarò: «Affermiamo a questo riguardo, con un saluto che l’Italia manda ai suoi figli non più cittadini italiani, che noi vogliamo averli a pieno diritto partecipi della nostra famiglia e della nostra casa: l’Italia!».