La scuola risponda alla domanda di storia delle giovani generazioni

di Walter Panciera

Una viva domanda di storia

Vorrei aprire questo intervento con una constatazione, che forse suonerà controintuitiva rispetto a una certa narrativa ormai diffusa: oggi l’interesse per la storia da parte delle giovani generazioni è vivo più che mai, ma non trova compiuta soddisfazione – o perlomeno non ne trova in particolar modo nell’ambito che dovrebbe essere deputato più di altri a soddisfare questo interesse: quello della scuola. Le motivazioni di tale inadeguatezza sono molteplici e rendono raccomandabile procedere a una revisione delle Indicazioni per l’insegnamento della materia. Per questo motivo colgo con piacere l’interesse suscitato al proposito dal recente annuncio del Ministero dell’Istruzione e del Merito di una prossima uscita di nuove Indicazioni per diverse materie, tra cui la storia, per esprimere alcune riflessioni e prendere così parte, da specialista di didattica della storia, al dibattito pubblico ora in corso.

 

Il curricolo: lavorare per temi e sulle competenze

Partirei anzitutto dai contenuti e, di conseguenza, dal curriculo che cadenza la materia dal primo ciclo di istruzione fino alla conclusione del secondo ciclo di secondo grado. A mio avviso è necessario superare il paradigma della completezza dei contenuti, dell’approccio enciclopedico alla storia vista come un lunghissimo elenco di fatti e processi da sapere. Selezionare pochi contenuti essenziali e lavorare invece per temi e competenze, così da ottenere una formazione storica, anziché una semplice memorizzazione di fatti, sono le fondamenta per un approccio più costruttivo alla materia (vedi Appendice). Per ottenere questo risultato è necessaria la collaborazione tra istituzioni (Ministero e sue commissioni), editoria e scuola.

 

Proposte dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado

Quale curricolo proporre quindi? Ripetere per due volte lo studio dalla preistoria fino alla contemporaneità appare inutile. La mia idea è invece quella di lavorare per competenze-base alla scuola primaria, indicando un insieme di argomenti, che possono spaziare dalla storia antica alla contemporanea, da cui le maestre e i maestri possano sceglierne quattro o cinque da affrontare ogni anno con gli alunni. Poi trattare, tra secondaria di primo grado e primo biennio della secondaria di secondo grado, la storia fino all’età contemporanea, in modo che alla fine dell’obbligo scolastico ogni studente abbia completato l’asse cronologico/sequenziale. In merito a questa «storia generale» bisogna però operare una decisa opera di sfrondamento, che individui per ogni anno quattro-cinque argomenti veramente rilevanti, così da giungere a una semplificazione del canone. Infine nel triennio (o biennio nelle sperimentazioni già in atto) della secondaria di secondo grado si ritorna a una didattica per competenze di livello alto, incentrata su percorsi tematici e interdisciplinari e che sfrutti anche approcci di storia settoriale (dalla storia di genere alla storia globale).

 

La formazione

Per quanto riguarda la formazione degli insegnanti, ritengo necessario che per insegnare storia i docenti abbiano completato un intero curriculum verticale di corsi universitari, con esami di storia antica, medievale, moderna e contemporanea (per un totale di 48 CFU). Provo a spiegare brevemente le ragioni di questa mia proposta. L’istituzione di Corsi di laure in storia, insieme alla diffusione, a partire dagli anni Ottanta, di borse di dottorato e post-dottorato ha agevolato la specializzazione accademica in questo campo di studi, che fino agli anni Sessanta del Novecento era stato prevalentemente appannaggio di studiosi formatisi in campi diversi, come per esempio quelli delle discipline filosofiche e giuridiche. Questa evoluzione del mestiere dello storico coincide però con un notevole deterioramento dell’interesse pubblico della storia, largamente incentrato su forme di attualismo (o presentismo), ovvero sulla propensione a interessarsi alla storia solo in relazione a tematiche di attualità o grandi nodi irrisolti della storia nazionale più recente (come per esempio il terrorismo politico, il rapporto tra fascismo e antifascismo, la mafia). Ne consegue una distanza sempre più grande tra progresso storiografico e opinione pubblica che purtroppo si riscontra talvolta anche per quanto riguarda la classe docente, in qualche caso poco aggiornata circa le nuove acquisizioni della storiografia. È proprio per ovviare in parte a questa distanza che propongo l’introduzione dell’obbligatorietà per gli insegnanti di storia di avere svolto, anche in facoltà come Lettere e filosofia o Beni culturali, un curriculum universitario completo di esami di storia.

 

L’obiettivo: uno «sguardo» storico

Come già accennato, credo opportuno integrare il modello della didattica puramente trasmissiva con una didattica attiva per competenze, che contempli il ricorso ad attività laboratoriali e percorsi tematici. Per quanto riguarda i percorsi tematici, devono essere accentuatamente pluridisciplinari e riservati in particolare all’ultimo triennio o biennio delle scuole superiori, quando gli studenti hanno raggiunto un sufficiente grado di maturità. Questa didattica per competenze a mio avviso non deve obliterare un approccio per conoscenze, ma è senz’altro utile per raggiungere quattro delle otto competenze base previste dalla Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente del 2006, e nello specifico: la competenza digitale; la capacità di imparare a imparare; le competenze sociali e civiche; la consapevolezza ed espressione culturali (vedi Appendice).

Facendo un passo ulteriore e volendo riassumere quanto detto in un obiettivo unico, l’insegnamento della storia da un punto di vista delle competenze dovrebbe condurre all’acquisizione di uno «sguardo» storico, che metta lo studente in grado di dare significato alla più importanti evidenze della realtà e a orientarsi in un mondo contemporaneo di grande complessità, sfruttando anche le potenzialità previsionali della disciplina. Lo sguardo storico, infatti, consiste essenzialmente nella capacità di reperire e interrogare delle fonti per comprendere i fatti umani nel loro divenire storico. Per ritornare a una delle competenze menzionate poc’anzi, è chiaro che si tratti di una capacità fondamentale per acquisire quella competenza digitale che prevede, tra l’altro, l’assunzione «di un approccio critico nei confronti della validità, dell’affidabilità e dell’impatto delle informazioni e dei dati resi disponibili con strumenti digitali» (così la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europa del 22 maggio 2018, che aggiorna quella del 2006) – una competenza ancora più importante all’epoca della vasta diffusione di strumenti di Intelligenza artificiale generativa.

 

Il rapporto con l’Educazione civica

Da ultimo vorrei soffermarmi sul rapporto con l’Educazione civica. Come ampiamente condiviso da colleghi, insegnanti e legislatori, una conoscenza storica solida è elemento necessario per esercitare una forma di cittadinanza attiva. Questa esigenza è ancora più urgente in un quadro sociale in costante evoluzione, caratterizzato da un numero sempre più alto di studenti provenienti da Paesi e culture diversi. Per raggiungere l’obiettivo di una comunità aperta e inclusiva occorre infatti insegnare alle nuove generazioni la capacità di interpretare, da un punto di vista storico, i rapporti tra comunità nazionale, europea e mondiale. Questo obiettivo, però, non deve essere raggiunto attraverso un approccio, ottocentesco e ampiamente superato nella storiografia contemporanea, di tipo evenemenziale e cronologico-sequenziale, fondato sulla conoscenza semi-enciclopedica degli eventi della storia umana considerati come più importanti. Va invece raggiunto coltivando, come detto sopra, le competenze proprie della disciplina, che si possono riassumere nell’accurata critica delle fonti e contestualizzazione degli eventi nel tempo, e dando loro le applicazioni trasversali di cui sono suscettibili. Soltanto così si potrà raggiungere il fine ultimo dell’insegnamento della storia: la comprensione profonda dei fenomeni e l’acquisizione di strumenti critici per interpretare la realtà in chiave diacronica.

 

Appendice

Per la costruzione di un curriculum verticale basato sulle competenze relative alla disciplina



 

Fonte: Walter Panciera, Il sapere storico e le competenze disciplinari, in «Ricerche Storiche», LIV (2024), 3, pp. 55-69 (p. 64).

 

Per approfondire

L’autore

Walter Panciera insegna Storia moderna all’Università di Padova, esperto di didattica della storia è stato Responsabile di ateneo per la formazione degli insegnanti di scuola secondaria. Con Mondadori Education ha pubblicato Manuale di didattica della storia. Formazione e aggiornamento per i docenti di scuola secondaria (2022, con Andrea Savio).