I tempi e i luoghi della «rivoluzione commerciale» del Medioevo: una nuova proposta
C. Wickham, L’asino e il battello. Ripensare l’economia del Mediterraneo medievale, 950-1180, trad. a cura di Dario Internullo, Viella, Roma 2024, 883 p. Scheda a cura di Lorenzo Tabarrini.
La storia economica del Medioevo, una terra di nessuno?
La storia economica del Medioevo costituisce un campo di indagine che, sebbene non possa certo dirsi inesplorato, è poco noto al pubblico dei non specialisti ed è talvolta causa di fraintendimenti e incomprensioni all’interno della stessa comunità dei medievisti. Non è insolito imbattersi in libri, articoli e manuali, anche universitari, che si limitano a reiterare le ipotesi avanzate su questo tema negli studi degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso; e ciò avviene perché parte della storiografia professionale, soprattutto quando è interessata ad altri aspetti dell’epoca medievale (la politica, la società, la spiritualità religiosa…), usa i fatti economici come mero sfondo delle proprie ricerche ed eleva quelle vecchie ipotesi al rango di solide acquisizioni. Il problema si è cristallizzato a causa della separazione, piuttosto rigida, tra i percorsi di formazione universitaria dello storico e dell’economista: il primo, esperto nella lettura dei documenti d’archivio, è però digiuno di teorie e modelli economici, mentre vale l’esatto contrario per il secondo. Ecco quindi che la storia economica, tanto più quella medievale, finisce per trovarsi in una terra di nessuno. La frequente mancanza di una solida preparazione teorica impedisce agli storici di esplorarla in modo del tutto consapevole; gli economisti, invece, sono portati a prediligere l’esame di periodi e fonti che offrono dati abbastanza numerosi da costituire una serie su cui testare i loro modelli. Modelli raffinati, ma anche molto astratti e spesso inadatti a illustrare il concreto svolgimento degli eventi del passato e a individuarne le cause profonde; e modelli che, tornando al Medioevo, possono essere applicati con profitto – almeno in Italia – solo utilizzando la ricchissima documentazione conservata negli archivi dal pieno Duecento in avanti. Per i periodi precedenti, le informazioni a nostra disposizione permettono di studiare la storia economica quasi solo con metodi qualitativi (ovvero discorsivi, con un ricorso ai numeri scarso o nullo) e quasi mai quantitativi (fondati sulla raccolta di dati e l’utilizzo della matematica o della statistica).
Tempi e luoghi della crescita economica del Medioevo «centrale»
Il libro di cui ci occupiamo qui fa uscire la storia economica medievale dal cono d’ombra cui i problemi appena descritti l’hanno, almeno in parte, relegata. Nella primavera del 2023 Chris Wickham, storico di fama internazionale, ha dato alle stampe The Donkey and the Boat. Reinterpreting the Mediterranean Economy, 950-1180, ora disponibile nella traduzione italiana con il titolo L’asino e il battello, curata da Dario Internullo. Wickham si sofferma su un periodo che coincide in larga misura con il cosiddetto Medioevo “centrale”, compreso per convenzione storiografica tra l’anno Mille e il 1250 (data di morte dell’imperatore Federico II). Allo stesso tempo, l’autore si discosta da tale partizione cronologica ed esamina, per riprendere le sue stesse parole, un «lungo, anzi lunghissimo XI secolo» (p. 49), che va dalla seconda metà del X fino all’ultimo quinto del XII e che, sotto il profilo delle vicende economiche, può essere studiato in modo proficuo solo attraverso il confronto tra regioni diverse: queste sono l’Egitto, l’Ifriqyia (grossomodo, l’odierna Tunisia), la Sicilia, l’impero romano d’Oriente, al-Andalus (il termine impiegato dagli scrittori arabi per descrivere la penisola iberica controllata dai musulmani), il nord e il centro Italia.
Attorno alla metà del secolo X si registrano, secondo Wickham, i chiari segnali dell’espansione produttiva dell’Egitto, dominato dalla dinastia sciita dei Fatimidi e destinato a rimanere l’area più sviluppata del Mediterraneo lungo tutto l’arco temporale percorso dal libro. Verso l’ultimo quarto del secolo XII, invece, l’Italia del centro-nord – la più arretrata, dal punto di vista economico, tra le regioni analizzate dall’autore, caratterizzata da un’agricoltura generalmente povera e da un panorama politico molto frammentato – avrebbe cominciato ad avvicinarsi al livello di Egitto, al-Andalus e impero romano d’Oriente.
Attorno alla metà del secolo X si registrano, secondo Wickham, i chiari segnali dell’espansione produttiva dell’Egitto, dominato dalla dinastia sciita dei Fatimidi e destinato a rimanere l’area più sviluppata del Mediterraneo lungo tutto l’arco temporale percorso dal libro. Verso l’ultimo quarto del secolo XII, invece, l’Italia del centro-nord – la più arretrata, dal punto di vista economico, tra le regioni analizzate dall’autore, caratterizzata da un’agricoltura generalmente povera e da un panorama politico molto frammentato – avrebbe cominciato ad avvicinarsi al livello di Egitto, al-Andalus e impero romano d’Oriente.
Prima l’asino, poi il battello: una nuova interpretazione della «rivoluzione commerciale» del Medioevo
La novità della proposta di Wickham è triplice. In primo luogo, lo studioso britannico fornisce una definizione molto chiara di che cosa sia lo sviluppo economico nelle società pre-moderne: propone, cioè, un modello, cercando così di accorciare le distanze tra ricerca sui documenti e teoria (potremmo dire, tra storico ed economista). Tale sviluppo consisterebbe nell’aumento di produzione e scambio dei bulk goods, i beni di largo consumo (come i prodotti alimentari e le fibre tessili a basso prezzo) la cui domanda è alimentata da tutte le fasce della popolazione, ricche o povere che siano. I bulk goods sono prima scambiati sui mercati locali e solo in un secondo tempo su quelli «internazionali»: viaggiano, cioè, prima sul dorso dell’asino e solo dopo sul ponte o la stiva di un battello (di qui la metafora che dà il titolo al libro).
La seconda novità deriva proprio da questa impostazione di metodo, che porta Wickham a fare ampio ricorso alle fonti archeologiche (in particolare alle ceramiche usate per trasportare vino e altri prodotti alimentari) al fine di risalire ai luoghi di origine dei beni di largo consumo e alle rotte da questi percorse: un’innovazione significativa nell’ambito di un dibattito fin qui appannaggio quasi esclusivo degli storici delle fonti scritte.
Infine, Wickham demolisce una consolidata interpretazione storiografica che, proiettando indietro nel tempo l’immagine del rigoglio economico dell’Italia del Due-Trecento – fatta di grandi corporazioni professionali, attività bancarie su larga scala e mercanti animati da un’etica «borghese», come quelli del Decamerone di Boccaccio – farebbe delle città italiane dei secoli centrali del Medioevo la patria d’elezione della «rivoluzione commerciale» (secondo la fortunata espressione coniata dallo storico belga Raymond de Roover e diffusa da Roberto Sabatino Lopez, italiano naturalizzato statunitense). Di una simile «rivoluzione», fino alle soglie del 1200, non ci sarebbe in realtà quasi nessuna traccia: cercare di individuarne le premesse nella documentazione scritta e nei reperti archeologici dei secoli X, XI e XII è il frutto di una fallace interpretazione teleologica (che spiega, cioè, quanto è successo prima sulla base di quello che sarebbe accaduto dopo).
La seconda novità deriva proprio da questa impostazione di metodo, che porta Wickham a fare ampio ricorso alle fonti archeologiche (in particolare alle ceramiche usate per trasportare vino e altri prodotti alimentari) al fine di risalire ai luoghi di origine dei beni di largo consumo e alle rotte da questi percorse: un’innovazione significativa nell’ambito di un dibattito fin qui appannaggio quasi esclusivo degli storici delle fonti scritte.
Infine, Wickham demolisce una consolidata interpretazione storiografica che, proiettando indietro nel tempo l’immagine del rigoglio economico dell’Italia del Due-Trecento – fatta di grandi corporazioni professionali, attività bancarie su larga scala e mercanti animati da un’etica «borghese», come quelli del Decamerone di Boccaccio – farebbe delle città italiane dei secoli centrali del Medioevo la patria d’elezione della «rivoluzione commerciale» (secondo la fortunata espressione coniata dallo storico belga Raymond de Roover e diffusa da Roberto Sabatino Lopez, italiano naturalizzato statunitense). Di una simile «rivoluzione», fino alle soglie del 1200, non ci sarebbe in realtà quasi nessuna traccia: cercare di individuarne le premesse nella documentazione scritta e nei reperti archeologici dei secoli X, XI e XII è il frutto di una fallace interpretazione teleologica (che spiega, cioè, quanto è successo prima sulla base di quello che sarebbe accaduto dopo).
E se fosse venuto prima il battello? Il futuro della storia economica del Medioevo «centrale»
L’asino e il battello è un’opera monumentale, che ha pochi precedenti tra gli studi di storia economica medievale per l’ampiezza dei temi affrontati, la capacità dell’autore di far uso di fonti diverse (incluse quelle archeologiche) e l’ambizione degli obiettivi prefissati. Ha però un’impostazione di metodo così ben definita da essere sembrata rigida ad alcuni specialisti del tardo Medioevo e del commercio a lunga distanza, che è stato a lungo ritenuto il principale vettore di espansione economica perché in grado di generare profitti molto più alti rispetto a quelli derivanti dall’investimento agrario o dal commercio locale. Si apre così un campo d’indagine nuovo: sia per la necessità di chiarirne ulteriormente i presupposti teorici, sia per l’opportunità di compiere nuove scoperte che una documentazione d’archivio in parte inesplorata per gli anni attorno al 1200 (soprattutto in Italia) può offrire; per non parlare delle future campagne di scavo documentario e archeologico che permetteranno, un giorno, di confermare o modificare alcune delle conclusioni raggiunte da Wickham. C’è tutta una storia dell’economia medievale, insomma, ancora da scrivere.
Bibliografia essenziale
Raymond de Roover, The Commercial Revolution of the Thirteenth Century, «Bulletin of the Business Historical Society», 16, 1942, pp. 34-39.
Roberto S. Lopez, La rivoluzione commerciale del Medioevo, trad. di Aldo Serafini, Einaudi, Torino 1975 (ed. or. in inglese, 1971).
Jessica L. Goldberg, Trade and Institutions in the Medieval Mediterranean: The Geniza Merchants and their Business World, Cambridge University Press, Cambridge 2012.
Jessica L. Goldberg, Lorenzo Tabarrini, Chris Wickham, Alexis Wilkin, About «The Donkey and the Boat» by Chris Wickham, «Quaderni Storici», LVIII (2023), 174 (3), pp. 835-868.
Sergio Tognetti, Schumpeter incatenato. La rivoluzione commerciale del Medioevo secondo Chris Wickham, «Archivio Storico Italiano», CLXXXI (2023), 678 (4), pp. 821-835.
Roberto S. Lopez, La rivoluzione commerciale del Medioevo, trad. di Aldo Serafini, Einaudi, Torino 1975 (ed. or. in inglese, 1971).
Jessica L. Goldberg, Trade and Institutions in the Medieval Mediterranean: The Geniza Merchants and their Business World, Cambridge University Press, Cambridge 2012.
Jessica L. Goldberg, Lorenzo Tabarrini, Chris Wickham, Alexis Wilkin, About «The Donkey and the Boat» by Chris Wickham, «Quaderni Storici», LVIII (2023), 174 (3), pp. 835-868.
Sergio Tognetti, Schumpeter incatenato. La rivoluzione commerciale del Medioevo secondo Chris Wickham, «Archivio Storico Italiano», CLXXXI (2023), 678 (4), pp. 821-835.