I manuali di storia come oggetti di studio e fonti per la ricerca storica

A cura di Silvia Benini

L’evoluzione della ricerca sui libri di testo di storia

Fin dalla nascita degli Stati-nazione moderni nel XIX secolo, il ruolo dell’insegnamento della storia nelle scuole ha suscitato grande interesse tra studiosi e ricercatori. La storia, infatti, non è mai stata un resoconto neutrale del passato, ma è stata profondamente influenzata da dinamiche politiche e ideologiche, diventando uno strumento funzionale alla legittimazione del potere.

Tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX secolo, l’insegnamento della storia entra in una scuola che diventa di massa (almeno per i più piccoli, per i più grandi ci vorrà più tempo) e i governi modellano i programmi scolastici per costruire e trasmettere una narrazione nazionale omogenea e coerente: una «pedagogia nazionale/nazionalista» che si adattava a obiettivi di lungo termine (fedeltà allo Stato che si identifica con «la patria», disponibilità all’obbedienza e alla mobilitazione bellica) e anche a esigenze politiche del momento (mobilitare intorno a una questione specifica). Questa visione della storia veniva veicolata ai bambini e ai giovani studenti anche attraverso i libri di testo, contribuendo a formare un’identità collettiva condivisa. Tuttavia, tale identità si consolidava spesso attraverso l’opposizione a un «altro», un gruppo esterno o interno, considerato diverso o antagonista, alimentando distorsioni, stereotipi e semplificazioni della realtà storica.

La ricerca sui libri di storia (nota in inglese come textbook research) – che può essere considerata una sottocategoria degli studi sull’educazione storica – è nata proprio in risposta a questi «abusi della storia». Le sue origini risalgono al periodo immediatamente successivo alla Prima guerra mondiale, quando la Società delle Nazioni avviò un’iniziativa internazionale per la revisione dei libri di testo, in risposta all’estremo nazionalismo che aveva caratterizzato l’educazione storica nei decenni precedenti.

Successivamente, dopo l’epoca dei regimi totalitari – durante la quale la storia era ampiamente impiegata nelle scuole per legittimare il potere e costruire il consenso – e alla luce delle atrocità della Seconda guerra mondiale, organizzazioni come l’UNESCO e il Consiglio d’Europa ripresero la missione della Società delle Nazioni. Divenne evidente che l’insegnamento della storia aveva spesso alimentato nazionalismi aggressivi e contribuito a mantenere rivalità e sfiducia tra le nazioni europee. Nel dopoguerra, dunque, emerse la necessità di riformare i libri di testo di storia anche per promuovere la pace e la riconciliazione tra i popoli.

 

Due approcci alla ricerca sui libri di testo

Da allora, la ricerca sui libri di testo di storia si è sviluppata seguendo due principali approcci. Il primo ha favorito la collaborazione tra rappresentanti di diversi Paesi per negoziare il modo in cui il passato dovesse essere presentato nei libri di testo. Un pioniere di questo metodo fu lo storico tedesco Georg Eckert (1912-1974), fondatore dell’omonimo centro di ricerca, oggi noto come Leibniz Institute for Educational Media (Braunschweig, Germania). Questo approccio ha mirato a promuovere il dialogo internazionale e una maggiore comprensione reciproca. I primi, importanti risultati sono arrivati già dagli anni Cinquanta, con la pubblicazione – da parte del Leibniz Institute e dell’UNESCO – di alcune linee guida pratiche per la revisione dei manuali franco-tedeschi (Franco-German Agreement on Controversial Problems of European History, 1951) e in seguito per la revisione di quelli tedesco-polacchi (Recommendations for Textbooks of History and Geography of the Federal Republic of Germany and the People’s Republic of Poland, 1975) e tedesco-israeliani (German-Israeli Textbook Recommendations, 1985). Più di recente l’Istituto, con la collaborazione dell’UNESCO, del Consiglio d’Europa e di altre organizzazioni internazionali, ha lavorato a progetti di revisione di testo bi- e multi-laterali in Sud Africa, Asia del Sud, in Israele e Palestina e nell’Est Europa. A questi lavori di revisione è spesso seguita la pubblicazione di manuali congiunti tra i due o più attori in causa.

Il secondo approccio, che Stuart Foster (esperto di storia dell’educazione britannico) definisce la «tradizione critica», è emerso a partire dagli anni Sessanta e si caratterizza per un’analisi approfondita e critica dei libri di testo. Questo filone di studio, spesso condotto da accademici o istituzioni, esamina come la storia venga presentata nei manuali scolastici. Con il tempo, si è arricchito di metodi di analisi diversificati e di un confronto interdisciplinare, permettendo di considerare i libri di testo non solo come strumenti educativi, ma anche come riflessi delle dinamiche politiche, culturali e sociali di una società.

La maggior parte di queste ricerche è orientata all’analisi dei contenuti e analizza le specificità delle narrazioni storiche o la presentazione di temi come razza, etnia, classe e genere in vari libri di testo. Gli studi appartenenti a questa categoria possono esaminare, per esempio, come la rappresentazione di un determinato argomento si sia evoluta nel tempo in un singolo Paese oppure come lo stesso tema venga descritto nei libri di testo di storia di diversi Paesi.

 

Dalla dimensione nazionale a quella europea

L’analisi della dimensione nazionale nei libri di testo è stata un elemento centrale di questa «tradizione critica» e l’evoluzione della ricerca in questo ambito rispecchia lo sviluppo della ricerca sui libri di testo nel suo complesso.

A partire dagli anni Sessanta, infatti, l’attenzione è stata concentrata su studi bilaterali che analizzavano come una nazione fosse rappresentata nei libri di testo di un’altra, con l’obiettivo di individuare e correggere pregiudizi e distorsioni. In questa fase, la nazione era spesso vista come un’entità fissa e immutabile, strettamente legata allo Stato.

Un significativo cambiamento di prospettiva si è verificato a partire dagli anni Ottanta, quando i ricercatori hanno iniziato a considerare la nazione stessa come il principale oggetto di studio. Questi studi, che indagano la complessa relazione tra ideologia, identità nazionale e contenuto dei libri di testo, hanno acquisito crescente popolarità, in particolare nel contesto dell’Europa e del mondo occidentale, nonché nei paesi dell’Europa orientale dopo il 1991.

Più recentemente, la ricerca si è ampliata oltre la dimensione nazionale, focalizzandosi sulla costruzione di un’identità europea sovranazionale. Questo filone di studio non mira a creare una narrazione univoca e omogenea della storia d’Europa, ma piuttosto a sensibilizzare gli studenti sulla molteplicità delle memorie e delle interpretazioni storiche presenti nel continente. Molte ricerche hanno analizzato come l’Europa e l’identità europea siano rappresentate nei libri di testo di diversi Paesi, contribuendo così a una comprensione più approfondita di come questa identità sia stata costruita in contesti culturali e storici differenti.

 

«Istruzioni per l’uso» della fonte

Quando si utilizza un manuale di storia come fonte storiografica, è importante tenere conto di alcune precauzioni fondamentali.

Innanzitutto, reperire i manuali scolastici non è sempre facile: non esiste una collezione completa che raccolga tutti quelli adottati nelle scuole nel tempo, e spesso questi testi non vengono conservati nelle biblioteche (e quando sono disponibili, nei cataloghi online raramente vengono indicizzati come manuali scolastici, cosa che obbliga a procedere con una ricerca per titolo o per autore).

In secondo luogo, è sempre difficile comprendere la loro reale diffusione: i dati sulle tirature in genere mancano, e anche oggi gli editori non rendono pubblici i dati di adozione dei singoli manuali.

Infine, anche quando si ha accesso a un manuale, non si può sapere con certezza come venga utilizzato in classe. L’insegnante può scegliere di approfondire certi aspetti, tralasciarne altri o integrare i contenuti con altri materiali. Per questo motivo, il manuale da solo non è sufficiente per comprendere appieno come la storia venga trasmessa e appresa nelle classi scolastiche.

 

Per approfondire

Rimandiamo al sito (in inglese e tedesco) del Leibniz Institute dove si legge anche una biografia del suo fondatore Georg Eckert. La biblioteca dell’Istituto detiene un amplissimo numero di manuali di scienze sociali da diversi Paesi del mondo. Ricorrere al loro catalogo online, quindi, può essere una buona soluzione per individuare anche i manuali scolastici pubblicati in Italia.

La citazione di Stuart Foster è tratta dal suo articolo Dominant Traditions in International Textbook Research and Revision, in «Education Inquiry», 2 (1), 2011, pp. 5-20 (la cit. a p. 7).

È impossibile sintetizzare qui i diversi studi sui libri di testo emersi dal Secondo dopoguerra a oggi. Qui basti ricordare che l’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione Nazionale (INSMLI) ebbe un ruolo pionieristico nello sviluppare questo genere di analisi in Italia, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, nel contesto delle discussioni sulla riforma della scuola, dei programmi di storia (che ancora non affrontavano fascismo, seconda guerra mondiale e Resistenza) e dell’introduzione della media unica. Presentiamo inoltre alcuni volumi in lingua italiana usciti negli ultimi anni, che offrono un’ottima panoramica delle diverse ricerche condotte in questo settore.

Un buon punto di partenza è Anna Ascenzi, Metamorfosi della cittadinanza. Studi e ricerche su insegnamento della storia, educazione civile e identità nazionale in Italia tra Otto e Novecento (Eum, Macerata 2009). Il volume ricostruisce il ruolo che l’educazione storica e civica ha avuto nella creazione dell’identità nazionale in Italia tra Otto e Novecento, prendendo in esame anche i libri di testo.

Marco Silvani, invece, in L’idea di nazione in Italia e nel Regno Unito. Indagine sui manuali di Storia della scuola secondaria dell’obbligo (FrancoAngeli, Milano 2003) offre un brillante esempio di textbook research comparata: nel suo volume indaga la costruzione dell’identità nazionale attraverso i manuali scolastici di storia in Italia e nel Regno Unito.

Un altro ottimo esempio di ricerca comparata, non dedicata alla rappresentazione dell’identità nazionale ma a un tema specifico, è invece La Resistenza e la Transizione spagnola a scuola. Storia e memoria del passaggio dalle dittature alla democrazia (Carocci, Roma 2025). Qui gli autori, Andrea Tappi e Javier Tébar Hurtado, analizzano come questi due temi siano rappresentati oggi nei programmi e nei manuali scolastici italiani e spagnoli.

Il volume La Libia nei manuali scolastici italiani (1911-2001), curato da Nicola Labanca (Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente, Roma 2004), costituisce, invece, un esempio di come un tema specifico – in questo caso la rappresentazione della Libia – venga trattato nei manuali scolastici di un Paese (l’Italia), nel lungo periodo.

Vi sono poi ricerche che prendono in esame i libri di testo di diverse nazioni, analizzando le rappresentazioni di alcuni nodi problematici della storia contemporanea e le persistenti tensioni tra nazionalismo e cosmopolitismo. Esempi di questi studi nei volumi Insegnare la storia contemporanea in Europa, a cura di Alessandro Cavalli, Il Mulino, Bologna 2005 e Giuliano Procacci, Carte d’identità. Revisionismi, nazionalismi e fondamentalismi nei manuali di storia, Carocci, Roma 2005.

Per quanto riguarda l’analisi della rappresentazione dell’Europa nei manuali di storia di diversi Paesi si rimanda, invece, a Falk Pingel, Rolf Westheider, et al., L’immagine dell’Europa nei manuali scolastici di Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna e Italia, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1994; Insegnare l’Europa. Concetti e rappresentazioni nei libri di testo europei, a cura di Falk Pingel, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 2003.