Il dumping cinese nelle tecnologie verdi e nelle auto elettriche

Un fenomeno dalle complesse implicazioni economiche e geopolitiche

di Alberto Frau, ottobre 2024

La Cina ha saputo sfruttare le proprie capacità industriali e l’ampio sostegno statale per diventare leader in queste tecnologie emergenti, ma le accuse di dumping sollevano interrogativi su concorrenza sleale, protezionismo e impatto a lungo termine sulle economie occidentali.


L'autore: Alberto Frau è ricercatore e professore aggregato di Economia aziendale presso l’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. È inoltre docente senior nella Business School della Università “LUISS Guido Carli” di Roma. Alla ricerca scientifica sulle tematiche del mondo aziendale, affianca studi e pubblicazioni nel campo dell’economia politica e della politica economica. Per Mondadori Education è coautore del corso “Relazioni internazionali”.

 

Considerazioni introduttive

«Dumping» (letteralmente «scaricare») è la locuzione utilizzata per indicare una delle pratiche più controverse nel commercio internazionale. Si verifica quando un Paese esporta beni a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati nel mercato interno o a costi inferiori a quelli di produzione, con l’obiettivo di guadagnare quote di mercato estere, danneggiare i concorrenti e, in molti casi, sbaragliarli per assumere una posizione dominante. Questo comportamento non solo distorce il mercato, ma pone anche gravi sfide alla concorrenza leale, minacciando la sostenibilità delle industrie nei Paesi importatori.

A ben vedere, il dumping è una pratica complessa con effetti sia positivi che negativi. Può inizialmente avvantaggiare i consumatori con prezzi più bassi, ma può anche danneggiare seriamente le economie locali e la concorrenza a lungo termine. La regolamentazione e la vigilanza da parte delle autorità sono fondamentali per mitigare questi effetti e mantenere un mercato equo.

ll dumping è regolato a livello internazionale da accordi, come ad esempio l’«Accordo sul dumping» dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), che stabilisce le linee guida su come i Paesi possono rispondere a queste pratiche.

La Cina è spesso accusata di utilizzare il dumping come strumento di vantaggio competitivo nei confronti dei suoi partner commerciali.

 

Dumping e tecnologie verdi

Uno dei settori in cui il dumping cinese è stato particolarmente visibile negli ultimi anni è quello delle cosiddette tecnologie verdi (o «eco-tecnologie»), consistenti nell’insieme di innovazioni che hanno come obiettivo primario la salvaguardia dell’ambiente e la riduzione dell’impatto umano sul pianeta.

Il governo cinese ha investito massicciamente nelle energie rinnovabili, diventando il più grande produttore mondiale di pannelli solari, turbine eoliche e batterie per immagazzinamento energetico. Attraverso una combinazione di sussidi statali, economie di scala, e spesso con pratiche di dumping, la Cina è riuscita a ridurre drasticamente i prezzi di questi beni, guadagnando quote di mercato significative in Europa e negli Stati Uniti.

Molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti e l’Unione Europea, hanno reagito imponendo dazi antidumping su questi prodotti per proteggere le loro industrie. Tuttavia, la Cina ha continuato a dominare il mercato globale grazie a una produzione efficiente e a una capacità di ridurre i costi, supportata da un ampio accesso alle risorse interne e da sussidi governativi.

Questo fenomeno ha sollevato numerose preoccupazioni: se da una parte il dumping sui prodotti verdi accelera la diffusione delle energie rinnovabili, contribuendo alla transizione energetica globale, dall’altra rischia di portare al collasso le imprese dei paesi importatori, che non possono competere con i bassi prezzi cinesi, rischiano il collasso. Ciò potrebbe portare a una dipendenza tecnologica dalla Cina, riducendo la capacità di innovazione e sviluppo locale in un settore cruciale per il futuro economico e ambientale.

 

Il settore delle auto elettriche

Un altro esempio rilevante di dumping cinese si può osservare nel settore automotive, con particolare riferimento alla produzione e vendita delle auto elettriche. La Cina è diventata rapidamente uno dei principali produttori mondiali di veicoli elettrici (i cosiddetti BEV, Battery Electric Vehicle), grazie a politiche governative volte a incentivare lo sviluppo e l’acquisto di tali veicoli a livello nazionale e internazionale. Le aziende automobilistiche cinesi, come BYD e NIO, sono state in grado di vendere i loro veicoli a prezzi estremamente competitivi sui mercati globali, creando pressioni significative sui produttori occidentali come Tesla, Volkswagen e General Motors.

Anche in questo caso, il governo cinese ha giocato (e gioca) un ruolo centrale. Attraverso sussidi diretti e agevolazioni fiscali, Pechino ha facilitato la crescita delle sue industrie nazionali, consentendo loro di vendere veicoli elettrici a prezzi inferiori rispetto a quelli dei produttori occidentali, pur mantenendo margini di profitto accettabili. Inoltre, le aziende cinesi hanno beneficiato di un accesso preferenziale alle materie prime critiche, come il litio e il cobalto, fondamentali per la produzione delle batterie, spesso acquistate attraverso contratti vantaggiosi con Paesi in via di sviluppo.

La strategia di dumping cinese nel settore delle auto elettriche sta avendo un impatto significativo in Europa, dove le aziende locali faticano a competere con i bassi prezzi cinesi. L’Unione Europea ha risposto lanciando indagini antidumping e valutando l’introduzione di misure correttive per proteggere l’industria automobilistica europea. Tuttavia, queste misure si stanno rivelando insufficienti a contrastare l’impatto dei veicoli elettrici cinesi sul mercato globale, considerando il ritmo impressionante con cui la Cina sta espandendo la sua capacità produttiva.

 

Le conseguenze economiche e geopolitiche

Il dumping cinese nelle tecnologie verdi e nelle auto elettriche ha profonde implicazioni non solo economiche, ma anche geopolitiche. Da un lato, esso sta contribuendo a un abbassamento dei prezzi a livello globale, rendendo accessibili a una parte più ampia della popolazione mondiale beni cruciali per la sostenibilità ambientale. Dall’altro lato, sta causando danni irreparabili alle economie dei Paesi importatori, indebolendo interi settori industriali, con conseguenze a lungo termine sulla competitività e sulla sicurezza economica. Le pratiche di dumping cinese mettono inoltre a rischio migliaia di posti di lavoro nei settori coinvolti.

I governi si trovano di fronte a un dilemma: da un lato, vogliono sostenere le loro industrie nazionali; dall’altro, devono evitare tensioni commerciali con la Cina, che potrebbe rispondere con ritorsioni economiche. L’Unione Europea, per esempio, ha discusso l’introduzione di dazi antidumping sulle importazioni cinesi di veicoli elettrici, ma tali misure potrebbero innescare una guerra commerciale.

La dipendenza dalle tecnologie verdi e dai veicoli elettrici prodotti in Cina potrebbe compromettere la sovranità economica dei Paesi occidentali. La creazione di una filiera produttiva nazionale per queste tecnologie richiede ingenti investimenti in ricerca e sviluppo, oltre che politiche industriali coerenti. Se i paesi occidentali non riuscissero a sviluppare alternative competitive, si rischierebbe di rafforzare la posizione della Cina come leader globale non solo nelle energie rinnovabili, ma anche nelle tecnologie critiche del futuro.