L’Index librorum prohibitorum del 1787

A cura di Tommaso Scaramella

Uno strumento di controllo

L’Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum) può essere considerato tra le fonti più rappresentative per studiare la storia della censura nel contesto italiano della prima età moderna. Pubblicato dalla Chiesa cattolica per la prima volta nel 1559, aggiornato periodicamente sino al 1966, quando infine fu abrogato, l’Indice conteneva l’elenco dei libri vietati da leggere, possedere o distribuire, perché giudicati contrari alla fede o alla morale. Era uno strumento di controllo della conoscenza (e della coscienza), che si presentava come strumento di «protezione» dei fedeli da dottrine considerate eretiche o pericolose o immorali.

 

La struttura del primo Indice

Il primo Indice del 1559, emanato sotto il pontificato di Paolo IV e perciò detto “paolino”, segnò un considerevole inasprimento dell’azione censoria, rispetto ai precedenti repertori di libri proibiti che pure già esistevano. Conteneva circa mille divieti, suddivisi in tre gruppi secondo una struttura che rimase in sostanza immutata sino al Settecento:

  • nel primo gruppo erano inseriti gli autori non cattolici, le cui opere, di qualsiasi argomento anche non religioso, erano proibite per intero;

  • il secondo conteneva una lista di autori cattolici e di titoli che non riportavano il nome dell’autore, seguiti dalle Bibbie e dai Nuovi Testamenti tradotti in volgare, ugualmente vietati perché l’accesso alle Scritture doveva essere mediato dalla Chiesa (il «libero esame» era al contrario uno dei pilastri della fede protestante);

  • il terzo, infine, conteneva delle proibizioni cumulative riferite a intere categorie di libri. Vi rientravano, per esempio, quei libri che non indicavano correttamente il nome dell’autore o il luogo di stampa; oppure che non presentavano o falsificavano il necessario imprimatur, il necessario permesso concesso dall’autorità religiosa.


In ciascuna sezione, l’elenco procedeva secondo l’ordine alfabetico del nome dell’autore.

 

I primi aggiornamenti

All’Indice paolino seguì quello “tridentino”, promulgato nel 1564 a conclusione del Concilio di Trento. Tale indice rivedeva le modalità di divieto, introducendo qualche variazione nella collocazione degli autori all’interno dei tre gruppi.

Il successivo Indice del 1596, detto “clementino”, avrebbe fatto anch’esso riferimento ai suoi due predecessori, costituendo il momento culminante dell’attività repressiva adottata dalla Chiesa di Roma.

 

L’Indice del 1787



Le pagine che analizziamo qui sono tratte dall’Indice pubblicato nel 1787 sotto il pontificato di Pio VI (come si legge nel frontespizio, riportato qui sopra, da cui si ricava anche il richiamo all’aggiornamento sui libri «novissime prohibiti» fino appunto al 1787).

Questa edizione si colloca alle soglie delle epocali trasformazioni che, dopo due anni, si sarebbero registrate nello spazio europeo a seguito degli eventi rivoluzionari. Nel 1789, la Rivoluzione francese avrebbe portato alla proclamazione a Parigi della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, la quale per la prima volta sanciva la libertà di parola. La censura nel frattempo si era sempre più statalizzata, facendo diminuire lo spazio di azione degli ecclesiastici sul controllo della stampa. Tuttavia, questo indice mostra la continuità dei principi censori attuati dalla Chiesa di Roma, la quale continuerà a mantenere e aggiornare l’elenco dei libri proibiti per quasi due secoli ancora.

L’elenco del 1787 includeva opere di filosofi e teologi non allineati al pensiero cattolico, come quelle recenti degli illuministi Voltaire o Rousseau, ma anche di scienziati e letterati, già presenti dalle precedenti edizioni, come Boccaccio.

In questa prima immagine vediamo riportata l’opera di Rousseau, l’Emilio o dell’educazione, inserita nel 1762 (terza riga dall’alto). Il nome dell’autore è seguito dal titolo dell’opera e dai riferimenti del relativo decreto di condanna, una modalità che era andata stabilendosi nel corso del tempo (il primo indice elencava solo i nomi degli autori proibiti, in ordine alfabetico).



Accanto a questi nuovi inserimenti, ritroviamo la celebre condanna delle opere di Galileo Galilei, fra le quali il Dialogo sopra i due massimi sistemi (per decreto del 1634, come si legge nella pagina), dove lo scienziato sosteneva apertamente le teorie copernicane, contraddittorie rispetto alla visione geocentrica sostenuta dalla Chiesa.



In alcuni casi, qualora l’opera non fosse stata proibita integralmente, al titolo seguiva l’indicazione delle clausole «donec corrigatur» o « donec expurgetur», ossia «a meno non sia corretto» (anch’esse innovazioni successive al primo indice). Ciò significava che questi testi potevano essere permessi ma in un’edizione appositamente corretta, spesso stravolta nel suo senso originario sulla base di criteri decisi di volta in volta. È il caso di quanto leggiamo accanto al nome di Giovanni Boccaccio per la sua opera Decamerone (come si legge nella pagina, era sotto esame a partire dall’Indice tridentino).



 

Un caso del XIX secolo: anche Émile Zola all’Indice

Eventuali note di aggiornamento, infine, danno conto dei cambiamenti di sensibilità maturati nel corso dei secoli nell’attività di censura. Studiare tali variazioni aiuta a comprendere le dinamiche del potere, della censura e degli altri meccanismi di controllo predisposti dalle autorità, e dell’evoluzione del pensiero critico nella storia.

È il caso, per esempio, del romanzo Lourdes, pubblicato nel 1894 dallo scrittore Émile Zola. Esso fu subito condannato dalla Chiesa di Roma e venne inserito nell’appendice all’Indice emanata nel 1895. Il romanzo era ritenuto contrario alla Chiesa cattolica perché accostava i guaritori di Lourdes ai nuovi mercanti del tempio. E per buon peso si aggiungeva, con decreto del 1895, la condanna dell’opera omnia dello scrittore francese, ovunque fosse stata stampata, in qualunque lingua fosse stata pubblicata.

A dispetto della censura romana, Lourdes riscosse ampia fortuna presso i lettori (dopo aver esaurito la prima tiratura di 121.000 copie in due mesi, nel 1898 risultava il terzo libro più venduto di Zola, dopo Nana e La Débâcle). I tempi erano cambiati, la censura ecclesiastica non poteva più incidere sostanzialmente sulla produzione e sulla diffusione della parola scritta. L’era del controllo, peraltro, non era affatto finita, ma questa è un’altra storia.



 

Fonti

Index librorum prohibitorum Sanctissimi Domini Nostri Pii Sexti Pontificis Maximi jussu editus, Roma, 1787;
una versione digitalizzata è disponibile online, nell’ambito del progetto Google Libri.

Index librorum prohibitorum Sanctissimi Domini Nostri Leonis XIII Pontificis Maximi jussu editus: cum appendice usque ad 1895, Romae, Typographia Polyglotta, 1881 (ma 1895);
una versione digitalizzata è disponibile online, nell’ambito del progetto Google Libri.

 

Bibliografia essenziale

Giorgio Caravale, Libri pericolosi. Censura e cultura italiana in età moderna, Laterza, Roma-Bari, 2022.

Gigliola Fragnito, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471-1605), Il Mulino, Bologna 2015 (prima ed. 1997).

Mario Infelise, I libri proibiti. Da Gutenberg all’Encyclopédie, nuova ed., Laterza, Roma-Bari 2023 (prima ed. 1999).