La storia globale: un cantiere aperto

di Adriano Roccucci

Una genealogia remota

La storia “del mondo” per molti versi è un filo rosso della storiografia occidentale fin dall’antichità greco-romana. Per limitarci nella retrospettiva, possiamo risalire alla metà del XVIII secolo quando cambiarono radicalmente i paradigmi della concezione della storia e prese avvio la storiografia moderna. Un particolare evento, il devastante terremoto di Lisbona del 1755, suscitò nei principali intellettuali europei del tempo, da Voltaire a Kant, domande radicali sulla storia e provocò l’abbandono di una visione cristiana del procedere della storia, fondata sull’approccio provvidenzialistico. Voltaire propose una visione della storia centrata invece sull’uomo: non più la storia della salvezza, ma una nuova storia universale, al cui centro era l’idea del progresso della civiltà. 


Nell’Ottocento, nel quadro del processo di formazione della storia come disciplina scientifica e professionale, e pur in un contesto che accordava la priorità allo sviluppo delle storie nazionali, gli storici non hanno mancato di misurarsi con la sfida della narrazione di una storia che tenesse insieme tutto il mondo: dalla Weltgeschichte (1881-88) di Leopold von Ranke alla prima Cambridge Modern History (1902-12) progettata da Lord Acton. La cifra di questi approcci era fatta di eurocentrismo e teleologia, in una prospettiva che concepiva l’itinerario della storia proiettato sulla meta finale del progresso. La storia della civiltà europea riassumeva da sola la storia dell’umanità. Era una storia spesso ricostruita attraverso una giustapposizione di storie nazionali, come nella Histoire générale du IVe siècle à nous jours pubblicata sotto la direzione di Ernest Lavisse e Alfred Rambaud tra il 1893 e il 1901. 


 

La storia «del mondo» alla prova del XX secolo

Il cambiamento delle coordinate spaziali e temporali del mondo, tra Otto e Novecento, ha iniziato a mettere in discussione le fondamenta di questa storia universale. Lo storico tedesco Ernst Troeltsch, agli inizi degli anni Venti del Novecento, scriveva dell’«esaurirsi della storia universale».


La dimensione «universale», «mondiale», «globale» del divenire della storia ha tuttavia continuato a sollecitare l’attenzione degli storici, anche dopo la crisi dell’universo politico e culturale ottocentesco seguito alla Prima guerra mondiale. A Study of History, pubblicato in dodici volumi dal 1934 al 1961 dallo storico inglese Arnold Toynbee, fu un ulteriore progetto di una storia in prospettiva globale, attraverso un’analisi comparata delle civiltà e delle loro «relazioni ecumeniche»: si passava da una storia della civiltà eurocentrica a una storia universale policentrica, di civiltà plurime. La storia del mondo restava però «un enigma» irrisolto. Il bisogno di trovare una soluzione si è fatto più impellente con l’accelerazione dei processi di mondializzazione negli anni Settanta, quando l’economia mondiale si andava ristrutturando in conseguenza della fine degli accordi di Bretton Woods (1971) e della crisi petrolifera provocata dalla guerra dello Yom Kippur (1973), mentre sulla scena internazionale iniziavano a emergere nuovi attori, in seguito alla decolonizzazione e ai processi di crescita economica e di modernizzazione che in Asia andavano coinvolgendo sempre più paesi. 


Dagli anni Novanta del XX secolo, nel mondo post-guerra fredda sempre più policentrico, la discussione sulla globalizzazione ha avuto ricadute sugli orientamenti della ricerca storica, la quale ha maturato una nuova sensibilità volta a scrivere in modo rinnovato la storia del mondo. L’odierna storia globale differisce dai tentativi precedenti di proporre storie generali del mondo in primo luogo perché rifiuta narrative teleologiche ed eurocentriche (o «occidente-centriche»). L’affermazione nel dibattito storiografico mondiale delle tendenze della world history e della global history ha introdotto un approccio analitico che fa delle interazioni, delle relazioni, delle connessioni su scala globale l’orizzonte nel quale collocare i processi storici. Ne sono derivati molteplici studi che hanno indagato aree di connessione (gli Oceani Atlantico e Indiano) o fenomeni di interazione (le migrazioni, i commerci) o vicende di relazioni (i contesti imperiali) o questioni di carattere globale (la storia dell’ambiente), solo per fare alcuni esempi. 


 

Interpretare l’Ottocento in modo nuovo: un esempio di storia globale

L’Ottocento costituisce un ambito privilegiato per gli studi di storia globale, a motivo dell’intensificazione delle connessioni su scala mondiale registrate in quel secolo. Christopher A. Bayly, storico inglese dell’India, è autore di un volume (2004) in cui offre una lettura della nascita del mondo moderno, nell’arco cronologico del «lungo Ottocento» (1780-1914), fondata su «l’interconnessione e l’interdipendenza dei cambiamenti politici e sociali a livello planetario», che proprio nel XIX secolo conoscono una intensificazione grazie al dominio occidentale. La sua tesi è che il mondo sia diventato nel XIX secolo più uniforme, ma anche più internamente differenziato. All’Ottocento è dedicato anche un ponderoso volume, pubblicato nel 2009, dello storico tedesco, Jürgen Osterhammel, studioso della Cina. Di nuovo, l’obiettivo è di cogliere l’emergente carattere globale dei processi storici ottocenteschi. Se nel lavoro di Bayly l’Ottocento è cronologicamente determinato, in quello di Osterhammel esso è aperto a prospettive temporali più ampie che affondano nel periodo precedente e si proiettano verso il XX secolo. Al centro della sua narrazione sono gli elementi che ritiene caratterizzanti per l’epoca: una crescita asimmetrica dell’efficienza in campo economico, militare e degli ordinamenti statali; l’aumento di scala della mobilità umana connesso allo sviluppo delle tecnologie dei trasporti; una più densa dinamica di transfer culturali; la tensione sociale tra eguaglianza e gerarchia; i processi di emancipazione (di schiavi, ebrei, contadini, operai, donne?…).


L’Ottocento è il periodo in cui prese avvio in primo luogo su scala europea la moderna idea di nazione, a cui si associa anche quella di modernità. Ma in una prospettiva globale appare piuttosto come un secolo di imperi, quelli continentali (cinese, russo, asburgico, ottomano) e quelli coloniali (inglese, francese, olandese, portoghese e poi tedesco, italiano). E gli imperi hanno costituito spazi di interazione e di connessione, spazi insomma che hanno favorito le dinamiche di mondializzazione. Al periodo 1750-1870 è dedicato anche il volume (a cura di Sebastian Conrad, storico berlinese, studioso di storia giapponese e di colonialismo tedesco, e del già citato Osterhammel) Verso il mondo moderno (2016). Fa parte di una storia del mondo in sei volumi, diretta da Akira Iriye, statunitense di origine giapponese studioso di storia americana, e dal già citato Osterhammel. Si tratta di un tentativo di proporre una ricostruzione complessiva della storia del mondo: obiettivo ambizioso che provoca la ricerca storica a misurarsi con domande conoscitive e questioni interpretative di ampio respiro, oltreché innovative. Come abbiamo provato a suggerire, una storia con una prospettiva globale mette in discussione anche le cronologie che siamo abituati a considerare canoniche.


 

Una prospettiva per studiare e insegnare la storia

La storia globale non è un metodo da applicare in maniera schematica e pedestre per riscrivere una nuova versione di ogni pagina della storia. È una prospettiva con cui affrontare lo studio del passato per cogliere connessioni tra soggetti, spazi, contesti diversi, e comprendere fenomeni e processi anche alla luce di tali connessioni. È la proposta di assumere un’angolatura da cui guardare alla storia allargando gli orizzonti, sia spaziali che temporali, senza perdere la capacità di stringere il campo su vicende particolari tenendo tuttavia allo stesso tempo lo sguardo aperto sull’orizzonte largo. Non si tratta solo di un'impostazione metodologica per le ricerche degli storici, ma rappresenta una prospettiva da tenere presente nei vari aspetti della didattica della storia, tanto più che risponde a sensibilità e domande del nostro tempo, così profondamente segnato dalla dimensione globale dei fenomeni e dal complesso intreccio di connessioni su scala planetaria. 


Lo studio e l’insegnamento della storia possono essere fecondati dalla consapevolezza che un criterio indispensabile per comprendere i processi storici è dato dal rapporto tra i fenomeni politici, geopolitici, sociali, economici, culturali interni alle singole comunità e la dimensione internazionale delle vicende storiche. La storia è fatta di interazioni tra soggetti diversi – individui, personalità, formazioni statali, popoli, organizzazioni, movimenti, forze economiche – che abitano spazi differenti della terra e che sul pianeta si muovono, si relazionano, scambiano merci, libri, idee, conoscenze, abilità, malattie, si incontrano e si scontrano. 


È una consapevolezza che ha guidato me e Lucio Caracciolo nell’impegno a scrivere manuali di storia per le scuole superiori, caratterizzati proprio da una peculiare attenzione a queste interazioni nella prospettiva di assumere una prospettiva globale nello sguardo rivolto alla storia: non solo Italia, ma anche Europa; non solo Europa, ma il mondo. Avere lo sguardo aperto al mondo permette a sua volta di penetrare con maggiore profondità la storia italiana e quella europea. Tenere presente le intersezioni tra questi piani, le interrelazioni tra i processi che caratterizzano le differenti aree geopolitiche, le connessioni tra universi culturali e soggetti geopolitici differenti, favorisce la conoscenza e la comprensione di un mondo connesso e complesso.


È una prospettiva che permette di rileggere sotto nuova luce passaggi della storia, che acquisiscono in tal modo un profilo più articolato, da cui possono emergere nuove intuizioni sul senso del passato. Si pensi per esempio ai cambiamenti del quadro geopolitico tra Asia e Mediterraneo nel corso dei secoli XI-XIII o a quelli tra XIV e XVI secolo, con la dissoluzione dell’Impero mongolo e la riconfigurazione dello spazio euroasiatico, dalla Cina al Mediterraneo e all’Europa centro-orientale; all’insieme di connessioni oceaniche stabilitesi in seguito alle nuove rotte per l’Oceano Indiano e alla scoperta delle Americhe tra XV e XVI secolo; alle trasformazioni di metà Settecento a livello globale e nel quadro europeo, la cui considerazione restituisce significato ai tanti conflitti di quel secolo, dalla guerra dei Sette anni a quelle russo-ottomane; al processo di europeizzazione del mondo nella seconda metà dell’Ottocento nel combinato di industrializzazione e imperialismo; ai cambiamenti provocati dalla Prima guerra mondiale; alla Guerra fredda e alla decolonizzazione.


 

Storia globale: storia al plurale

La storia globale è un cantiere aperto – tanto sul piano metodologico quanto su quello dei risultati – che schiude nuove prospettive di studio, solleva questioni storiografiche, avanza ipotesi interpretative, moltiplica i punti di visuale della ricerca. In questo senso è anche una tendenza che, a partire dal rovesciamento di paradigmi acquisiti, tra tutti quelli dell’eurocentrismo e del primato delle storie nazionali, intraprende percorsi inesplorati, si imbatte in criticità da affrontare, si misura con nodi metodologici da sciogliere. Gli studiosi si confrontano con un serrato dibattito storiografico sulla storia globale che ne evidenzia criticità e al contempo, in tal modo, ne stimola lo sviluppo e l’approfondimento di metodi e prospettive della ricerca.


Se al centro dell’attenzione degli studiosi sono le connessioni e le interazioni tra aree diverse del mondo e tra soggetti, strutture, contesti molteplici, tuttavia non debbono venire meno, in una ideologizzazione del metodo globale, gli Stati nazionali, né la dimensione locale della storia. La questione è cogliere l’intersezione tra globale e locale, l’ingresso del globale negli Stati e nei contesti locali, come anche gli adeguamenti e le esitazioni ai quali in tali contesti il globale è sottoposto. In altre parole, non si può comprendere la vicenda di uno Stato, piccolo o grande che sia, o di un qualsiasi contesto locale, senza tenere conto delle connessioni e delle interazioni con il più ampio orizzonte globale, senza cioè considerare le influenze esterne che condizionano le vicende locali. L’approccio di storia globale, quindi, non cancella di per sé la storia nazionale o la storia locale, ma le colloca nel contesto mondiale con particolare attenzione all’insieme delle interazioni con l’esterno che le condizionano. D’altro canto non si può intendere la storia globale come la genealogia della attuale globalizzazione considerata alla stregua di una omogeneizzazione del mondo. La storia globale è storia di connessioni ma è anche storia al plurale, perché le interazioni conducono a una molteplicità di miscele di omogeneità e diversità, di globale e locale, formando un quadro storico lontano dall’immagine di una modernità occidentale in espansione inesorabile con il suo programma culturale uniformante.


 

Bibliografia essenziale

Christopher A. Bayly, La nascita del mondo moderno 1780-1914, trad. dall’inglese di Mario Marchetti, Santina Mobiglia, Einaudi, Torino 2007 (ed. or. 2004).


Jürgen Osterhammel, The Transformation of the World. A Global History of the Nineteenth Century, Princeton University Press, Princeton-Oxford 2014


Storia del mondo, diretta da Akira Iriye e Jürgen Osterhammel, Einaudi, Torino 2014-2018 (cinque volumi usciti sui 6 previsti dall’opera; ed. or., 6 voll., 2012-2023); si segnala in particolare il vol. 4: Verso il mondo moderno 1750-1870, [traduttori vari,] a cura di Sebastian Conrad, Jürgen Osterhammel, Einaudi, Torino 2017.


 

Alcuni altri suggerimenti

Sebastian Conrad, Storia globale. Un’introduzione, trad. dal tedesco di Nicola Camilleri, Carocci, Roma 2015 (ed. or. 2013).


Si tratta della forse più lucida riflessione sulla storia globale. Lo storico tedesco presenta le teorie e i paradigmi su cui si basano gli studi che hanno fatto propri gli approcci della storia globale. Illustra le critiche avanzate alla storia globale ed esamina i limiti di quest’ultima. Merci globali (cotone, tè, zucchero…), oceani, migrazioni, imperi, ambiente sono alcuni dei temi che la storia globale ha affrontato e che Conrad discute.


Charles H. Parker, Relazioni globali nell’età moderna. 1400-1800, trad. dall’inglese di Liana Rimorini, ed. it. a cura di Giuseppe Marcocci, il Mulino, Bologna 2012 (ed. or. 2010)


Charles H. Parker, storico americano, nel suo studio sulle relazioni globali in età moderna ha offerto una nuova interpretazione della costruzione di imperi in Asia e Europa tra Quattrocento e Cinquecento (gli imperi musulmani ottomano, safavide e mughal, gli imperi Ming e poi Qing in Cina, l’impero zarista in Russia), che «inaugurò una nuova èra nella storia mondiale caratterizzata da interazioni culturali fra popoli di tutto il mondo», durata dal 1400 al 1800. A provocare questa formazione senza precedenti di imperi fu il crollo dell’impero mongolo, che aveva dominato quest’area che dall’Europa centro-orientale arrivava fino alla Cina.


Francesca Trivellato, Il commercio interculturale. La diaspora sefardita, Livorno e i traffici globali in età moderna, trad. dall’inglese di Andrea Caracausi, Barbara Di Gennaro Splendore, Francesca Trivellato, Viella, Roma 2016 (ed. or. 2009).


L’italiana Francesca Trivellato, che insegna negli Stati Uniti, ha connesso la microanalisi di un caso specifico (procedimento tipico della microstoria italiana) con la macroprospettiva della storia globale: a partire dallo studio ravvicinato di una ditta commerciale di ebrei sefarditi residenti a Livorno ha ricostruito i fili e i meccanismi di reti commerciali che univano Europa, Mediterraneo e Oceano Indiano nel Settecento. 


 

L'autore

Adriano Roccucci è professore di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre. Tra i suoi interessi di ricerca spiccano quelli per lo Stato italiano tra Otto e Novecento, e per il mondo russo e l’Europa centro-orientale. In questi ambiti di ricerca si segnalano il volume Stalin e il patriarca. Chiesa ortodossa e potere sovietico, 1917-1958 (Einaudi, Torino 2011) e la cura della raccolta di saggi La costruzione dello Stato-nazione in Italia (Viella, Roma 2012). Per Mondadori Education è autore, insieme a Lucio Caracciolo, dei corsi destinati alla Scuola Secondaria di Secondo Grado Limes e Le carte della storia.