Scienza e magia: ieri e oggi
Giornata mondiale della Filosofia
Natura animata e psicologia
Uno degli aspetti più interessanti e dibattuti della rivoluzione scientifica è il superamento della visione magica del mondo. Nel Rinascimento, la concezione filosofica del mondo era ancora dominata dall’immagine di una natura animata, in cui, come scriveva il neoplatonico Marsilio Ficino, le parti del mondo sono collegate le une alle altre da una sorta di reciproca carità. L’ipotesi che il mondo fosse animato alimentava la credenza magica nella possibilità di influenzare le intelligenze che vivono nella natura. Il sapere magico si credeva fondato su una tradizione antichissima, e i suoi difensori sostenevano la necessità di tenerlo segreto e limitato a pochi iniziati. Come avrebbe osservato il fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud, nella magia agiva una “onnipotenza del pensiero”, cioè la credenza che l’io sia capace di influenzare il mondo, e questa credenza, molto viva nell’infanzia, si abbandona a fatica. Un discorso analogo vale per l’astrologia, con la credenza nell’influsso degli astri sugli uomini che, osservandoli dalla Terra, vi vedono delle figure dotate di significato per le loro vite.
Dalla magia alla scienza
Le credenze magiche e astrologiche non sparirono di colpo nella scienza moderna. Anzi la magia, intesa come capacità umana di modificare la natura, nel Rinascimento è inseparabile dallo sviluppo della nuova cultura scientifica. Il filosofo rinascimentale Tommaso Campanella, ne Il senso delle cose e della magia, sottolinea che la magia è una capacità di accedere a misteri della natura che, perduto il suo mistero, diventa scienza. In questo passaggio, con scoperte tecnologiche come macchine volanti e orologi, l’arte magica diventa “volgare”, cioè accessibile al volgo nei suoi elementi e nelle sue procedure, perdendo così il suo carattere esoterico e misterioso.
“Tutto quello che si fa dalli scienziati imitando la natura, o aiutandola con l’arte ignota, non solo alla plebe bassa, ma alla comunità degli uomini [appare] opera magica. Talché non solo le predette scienze, ma tutte l’altre servono alla magia. Magia fu d’Archita fare una colomba che volasse come l’altre naturali, e a tempo di Ferdinando Imperatore in Germania fece un tedesco un’aquila artificiosa e una mosca volare da se stessa; ma finché non s’intende l’arte, sempre dicesi magia; dopo è volgare scienza.
L’invenzione della polvere dell’archibugio e delle stampe fu cosa magica, e così della calamita; ma oggi che tutti sanno l’arte è cosa volgare. Così ancora quella delli orologi e l’arti meccaniche facilmente perdono la riverenza, ché si fanno i corpi manifesti al volgo. Ma le cose fisiche e astrologiche e religiose, rarissime volte si divulgano; però in queste gli antichi ritirarono l’arte [magica]”.
Lo storico Eugenio Garin sottolineava che in questo tipo di difese dell’arte magica esprimeva la nuova centralità dell’uomo e delle sue capacità creativa che era tipica della cultura filosofica e artistica rinascimentale:
“Ci troviamo così sulla via di una rivendicazione della magia, e quindi dell’astrologia che ne è compagna inseparabile. Fra le attività umane l’opera magica viene, anzi, ad assumere una posizione centrale, in quanto proprio in essa si esprime in modo quasi esemplare quella divina potenza dell’uomo cui Campenella inneggiò in versi giustamente famosi. L’uomo-centro del cosmo è appunto l’uomo che, afferrato il ritmo segreto delle cose, si fa sublime poeta, ma, come un Dio, non si limita a scrivere parole d’inchiostro su carte caduche, bensì inscrive cose reali nel grande e vivente libro della natura” (E. Garin, Medioevo e Rinascimento, 1954, pp. 150-151).
Tra Cinquecento e Seicento avviene una graduale trasformazione che conduce dalla “magia naturale” alla scienza sperimentale. In questa trasformazione, dottrine originariamente dotate di contenuti simbolici diventano sempre più definite da rigorose procedure sperimentali, come l’astrologia che si sviluppa in astronomia e l’alchimia che diventa chimica. Bacone è un caso esemplare, rispetto al quale lo storico Paolo Rossi ha parlato appunto di un passaggio “dalla magia alla scienza”. Bacone è il primo teorico del moderno metodo sperimentale, ma sosteneva anche che la materia fosse animata e considerava la il potere sulla natura acquisito dall’arte sperimentale alla maniera di quello del mago. Keplero attribuiva anime ai pianeti e credeva che questi si muovessero per un influsso dell’anima del Sole. Lo stesso Galilei faceva oroscopi su commissione, anche se non era affatto convinto della loro validità. Ma c’era un aspetto tipico del sapere magico che gli scienziati del Seicento rifiutavano compattamente: la forte resistenza alla critica e alla prova pubblica. Bacone presentava le concezioni apprese dalla tradizione e nell’infanzia come esempi di “idoli”, pregiudizi dell’individuo legati psicologicamente alla sua educazione, che bisogna abbandonare a favore del metodo sperimentale. Keplero preferì sempre misurare i movimenti dei pianeti per stabilirne le leggi. Galilei sfidò le credenze astronomiche dell’epoca, invitando gli studiosi a guardare con i propri occhi attraverso il telescopio. Ancora Newton, e molti scienziati sperimentali dopo di lui, hanno nutrito credenze sui significati simbolici e metafisici della propria scienza, ma non hanno più preteso che queste venissero considerate dalla comunità scientifica come parti integranti delle loro scoperte.
“Tutto quello che si fa dalli scienziati imitando la natura, o aiutandola con l’arte ignota, non solo alla plebe bassa, ma alla comunità degli uomini [appare] opera magica. Talché non solo le predette scienze, ma tutte l’altre servono alla magia. Magia fu d’Archita fare una colomba che volasse come l’altre naturali, e a tempo di Ferdinando Imperatore in Germania fece un tedesco un’aquila artificiosa e una mosca volare da se stessa; ma finché non s’intende l’arte, sempre dicesi magia; dopo è volgare scienza.
L’invenzione della polvere dell’archibugio e delle stampe fu cosa magica, e così della calamita; ma oggi che tutti sanno l’arte è cosa volgare. Così ancora quella delli orologi e l’arti meccaniche facilmente perdono la riverenza, ché si fanno i corpi manifesti al volgo. Ma le cose fisiche e astrologiche e religiose, rarissime volte si divulgano; però in queste gli antichi ritirarono l’arte [magica]”.
Lo storico Eugenio Garin sottolineava che in questo tipo di difese dell’arte magica esprimeva la nuova centralità dell’uomo e delle sue capacità creativa che era tipica della cultura filosofica e artistica rinascimentale:
“Ci troviamo così sulla via di una rivendicazione della magia, e quindi dell’astrologia che ne è compagna inseparabile. Fra le attività umane l’opera magica viene, anzi, ad assumere una posizione centrale, in quanto proprio in essa si esprime in modo quasi esemplare quella divina potenza dell’uomo cui Campenella inneggiò in versi giustamente famosi. L’uomo-centro del cosmo è appunto l’uomo che, afferrato il ritmo segreto delle cose, si fa sublime poeta, ma, come un Dio, non si limita a scrivere parole d’inchiostro su carte caduche, bensì inscrive cose reali nel grande e vivente libro della natura” (E. Garin, Medioevo e Rinascimento, 1954, pp. 150-151).
Tra Cinquecento e Seicento avviene una graduale trasformazione che conduce dalla “magia naturale” alla scienza sperimentale. In questa trasformazione, dottrine originariamente dotate di contenuti simbolici diventano sempre più definite da rigorose procedure sperimentali, come l’astrologia che si sviluppa in astronomia e l’alchimia che diventa chimica. Bacone è un caso esemplare, rispetto al quale lo storico Paolo Rossi ha parlato appunto di un passaggio “dalla magia alla scienza”. Bacone è il primo teorico del moderno metodo sperimentale, ma sosteneva anche che la materia fosse animata e considerava la il potere sulla natura acquisito dall’arte sperimentale alla maniera di quello del mago. Keplero attribuiva anime ai pianeti e credeva che questi si muovessero per un influsso dell’anima del Sole. Lo stesso Galilei faceva oroscopi su commissione, anche se non era affatto convinto della loro validità. Ma c’era un aspetto tipico del sapere magico che gli scienziati del Seicento rifiutavano compattamente: la forte resistenza alla critica e alla prova pubblica. Bacone presentava le concezioni apprese dalla tradizione e nell’infanzia come esempi di “idoli”, pregiudizi dell’individuo legati psicologicamente alla sua educazione, che bisogna abbandonare a favore del metodo sperimentale. Keplero preferì sempre misurare i movimenti dei pianeti per stabilirne le leggi. Galilei sfidò le credenze astronomiche dell’epoca, invitando gli studiosi a guardare con i propri occhi attraverso il telescopio. Ancora Newton, e molti scienziati sperimentali dopo di lui, hanno nutrito credenze sui significati simbolici e metafisici della propria scienza, ma non hanno più preteso che queste venissero considerate dalla comunità scientifica come parti integranti delle loro scoperte.
Astrologia e ideologia della dipendenza
A livello popolare, la diffusione di credenze magiche e astrologiche è perdurata anche molto tempo dopo la rivoluzione scientifica, e ancora oggi coesiste con la cultura scientifica. Non è facile abbandonare il valore rassicurante di queste credenze per l’io, che si sente perduto e impotente nella natura e si conforta nel trovarvi un senso. Ma questa tentazione ha dei rischi. Il filosofo Theodor W. Adorno, nel saggio Stelle su misura (1957), esaminava gli oroscopi del «Los Angeles Times», in cui si imbatté durante la sua permanenza in California. Adorno sosteneva che simili rubriche sui giornali erano un esempio di come i mass media approfittano delle debolezze per indebolire il pensiero critico. L’astrologia non invita a ragionare, ma presenta i propri risultati per guidare il singolo, alimentando una ideologia della dipendenza, cioè “un tentativo di rafforzare e […] giustificare situazioni dolorose che sembrano più tollerabili se si assume un atteggiamento positivo nei loro confronti”. Adorno pensa al fatto che il pensiero di origine magica contraddiceva i principi di una società democratica, in cui le opinioni devono basarsi su un libero dibattito e il disagio psicologico, alimentato dalla disuguaglianza economica e sociale, non deve essere addomesticato da false consolazioni.
Credenze tradizionali e prove sperimentali
Il tema è ancora molto attuale. Un altro esempio lo dà il filosofo della scienza Mauro Dorato, in Disinformazione scientifica e democrazia. La competenza dell’esperto e l’autonomia del cittadino (2019), esamina i principi della medicina omeopatica. Questa tradizione, di origine moderna, si presenta come alternativa alla medicina dominante e basata su un contatto più umano tra medico e paziente. Tuttavia, essa rifiuta di sottoporre i propri preparati ai test statistici a cui si sottopongono gli altri farmaci per provare la loro reale efficacia. Ma secondo Dorato, se i farmaci omeopatici non fossero sottoponibili a test statistici comparabili con quelli della medicina tradizionale, la loro somministrazione sarebbe ingiustificabile.
Al di là degli interessi economici, dietro le cosiddette scienze alternative al “pensiero unico”, che rifiutano di sottoporsi a controlli sperimentali, si nasconde un rischio che era ben noto agli scienziati moderni. Lo stesso Keplero fu costretto a difendere sua madre in un lungo processo di stregoneria, per salvarla dalla morte. Ma non è difficile trovare esempi simili nel mondo di oggi: la credenza priva di prove scientifiche e il bisogno psicologico di difenderla può facilmente portare alla violenza, come la persecuzione delle streghe o le persecuzioni razziali e religiose, tutti fenomeni ancora diffusi.
Talvolta, è la stessa scienza moderna a essere rifiutata, in nome di un sapere esoterico noto a pochi, che in realtà si risolve in credenze e pratiche la cui efficacia non è messa in dubbio né provata. Si ripresenta così un conflitto tra metodo scientifico e pensiero magico: il primo si fonda sulla condizione che il sapere sia sottoposto a procedure di controllo pubbliche e si possa apprendere mediante uno studio accessibile a tutti; il secondo sull’idea che la vera sapienza appartiene a pochi individui saggi, capaci di cogliere verità nascoste senza bisogno di sottoporle a procedure di controllo.
Al di là degli interessi economici, dietro le cosiddette scienze alternative al “pensiero unico”, che rifiutano di sottoporsi a controlli sperimentali, si nasconde un rischio che era ben noto agli scienziati moderni. Lo stesso Keplero fu costretto a difendere sua madre in un lungo processo di stregoneria, per salvarla dalla morte. Ma non è difficile trovare esempi simili nel mondo di oggi: la credenza priva di prove scientifiche e il bisogno psicologico di difenderla può facilmente portare alla violenza, come la persecuzione delle streghe o le persecuzioni razziali e religiose, tutti fenomeni ancora diffusi.
Talvolta, è la stessa scienza moderna a essere rifiutata, in nome di un sapere esoterico noto a pochi, che in realtà si risolve in credenze e pratiche la cui efficacia non è messa in dubbio né provata. Si ripresenta così un conflitto tra metodo scientifico e pensiero magico: il primo si fonda sulla condizione che il sapere sia sottoposto a procedure di controllo pubbliche e si possa apprendere mediante uno studio accessibile a tutti; il secondo sull’idea che la vera sapienza appartiene a pochi individui saggi, capaci di cogliere verità nascoste senza bisogno di sottoporle a procedure di controllo.