Se lo dice la scienza… Alla ricerca di certezze in tempo di pandemia
di Nicole Ticchi
Quanti secondi servono al coronavirus per infettare una persona?
È più sicuro viaggiare in aereo, in treno o in traghetto, in tempi di pandemia?
Se provate a digitare frasi come queste e a lanciare una ricerca su internet, in pochi millisecondi vi si aprirà un mondo. Ci sarà almeno qualche migliaio di fonti da consultare sul quale trovare un numero, una percentuale o, ancora meglio, una bella risposta secca. Le fonti più serie faranno una doverosa premessa, ovvero che quello che scrivono viene riportato “secondo gli ultimi studi”, “secondo le attuali conoscenze”. Quelle ancora più serie specificano che dire “sicuro” è una parola grossa. Altre invece…
“Lo dice la scienza”. È altamente probabile che in molti casi sia questa l’espressione che accompagna la risposta. E chi è, questa fantomatica “scienza” così spavalda?
Questa frase l’abbiamo sentita dire tante volte, ormai, ma in questi ultimi due anni segnati dalla pandemia la frequenza con la quale viene pronunciata è schizzata alle stelle.
Suona piuttosto bene, alle orecchie di quasi tutti, e richiama alla mente un’aura di solidità e rigore con cui abbiamo imparato a immaginarci il mondo della conoscenza, fatto di dati, certezze e delle cosiddette verità scientifiche.
La pandemia, però, ci ha insegnato anche qualcosa di molto importante sulla scienza, qualcosa che rischia di far vacillare questa idea di mondo ideale. Ci ha mostrato che la scienza è mobile, si costruisce passo dopo passo e che in essa non c’è proprio nulla di granitico. Ce lo continua ad insegnare tutti i giorni, mostrandoci come tutte le conoscenze che abbiamo accumulato sul piccolo virus che ha cambiato radicalmente la nostra quotidianità siano frutto di un processo articolato e partecipato. Cure, misure preventive e accorgimenti da osservare per evitare di ammalarci nascono tutti, anch’essi, da un processo di osservazione, sperimentazione, messa in discussione e validazione. Sono tutto quello che abbiamo a disposizione oggi come conoscenza, e che riteniamo certo. Fino a che un nuovo processo scientifico non le metterà nuovamente in discussione.
La fiducia nella scienza
Secondo la ricerca annuale State of Science Index 2020 pubblicata da 3M, le persone non hanno mai fatto così tanto affidamento nella scienza come negli ultimi anni.
Soprattutto in relazione alla pandemia da COVID-19, la fiducia nella scienza e negli scienziati è ai livelli più alti degli ultimi tre anni, dalla prima edizione dello State of Science Index.
Ecco alcuni risultati:
- l’89% degli intervistati si fida della scienza;
- l’86% si fida degli scienziati;
- il 77% ritiene più probabile, a seguito della pandemia, che la scienza abbia bisogno di maggiori finanziamenti;
- il 54% è d’accordo sul fatto che la scienza sia molto importante per la propria vita quotidiana
- il 92% degli intervistati a livello globale ritiene che le misure messe in atto per contenere la pandemia globale dovrebbero seguire la scienza
Ma come gestiamo questa grande mole di informazioni? Cosa ne ricaviamo? La sensazione è di ottenere più risposte, ma non sempre è così facile.
Ci sono molte ragioni alla base di questa difficoltà: fra le più importanti c’è che spesso tendiamo a credere e a limitarci alle notizie che confermano quanto già sappiamo. Si chiama bias di conferma, e ci fa muovere entro i confini delle nostre convinzioni, scartando come scomode quelle troppo faticose, che invece forse scuoterebbero le fondamenta del castello delle nostre conoscenze/convinzioni.
Ecco perché, nei dibattiti in tv, ce la prendiamo con chi non la pensa come noi, e perché si tende a preferire quotidiani o telegiornali che rispecchiano le nostre idee politiche o a eliminare dai contatti chi ha posizioni diametralmente opposte alle nostre. Il metodo scientifico, che procede per prove ed errori, serve proprio a far sì che questo pregiudizio non prenda il sopravvento, e che le informazioni che la scienza ci propone possano essere vagliate tutte con lo stesso spirito critico.
Cosa posso fare per non cadere nel tranello del bias?
Ecco alcuni consigli che possono esserti utili:
- I motori di ricerca e i social tendono a mostrarci per prime informazioni che sono affini alle nostre ricerche e alle cose che normalmente leggiamo e consultiamo. Attenti a non pensare che ciò che si trova in pole position sia necessariamente l’informazione più veritiera!
- Per farti un’opinione su un argomento non basta leggere una sola fonte, soprattutto online: selezionane almeno 10 e confronta quello che dicono. Se ci sono collegamenti che portano ad altre fonti, approfondisci.
- Confrontati con altre persone sulle informazioni che hai trovato: il bias di conferma si rafforza se rimaniamo chiusi in noi stessi e pensiamo di sapere tutto.
- La scienza è in continuo aggiornamento, i dati, le statistiche e le conoscenze non rimangono immutate nel tempo: cerca di rimanere al passo con quello che succede e fidati di fonti che riportano aggiornamenti recenti, anche se sembrano mettere in discussione quello che già sapevi.
Proviamo a trovare una risposta insieme, andando per gradi. Mettiamo in atto un processo logico e cerchiamo di capire perché la certezza non è proprio dietro l’angolo come pensiamo.
Domanda: è più sicuro viaggiare in aereo, in treno o in traghetto?
Possiamo analizzare per prima cosa lo spazio a disposizione, che dipende dalle dimensioni proprie dei mezzi di trasporto in questione, dagli spazi interni in cui ci potremmo trovare e dal numero di persone che li occuperanno. Se sugli spazi a disposizione abbiamo poco margine di manovra e possiamo facilmente prevederli nel momento in cui scegliamo il mezzo con cui viaggiare, non abbiamo invece abbastanza controllo sull’ultima delle tre variabili, il numero di persone che li occuperanno. Capienza piena o ridotta, e ridotta di quanto? La differenza si sente tutta. Più persone ci sono e più gli spazi si riducono, quindi maggiore è la probabilità di entrare in contatto con le goccioline di saliva altrui. Ma attenzione: si parla di probabilità, non di certezze.
Un’altra variabile importante è quella del volume d’aria a disposizione e del ricircolo: viene cambiata l’aria? Come? Abbiamo accesso ad uno spazio aperto? Sull’aereo sicuramente no, sul treno saltuariamente, sul traghetto sicuramente sì. La possibilità di poter stare all’aria aperta abbassa sicuramente le probabilità di infettarsi, ma questo dipenderà anche da quanto tempo passeremo all’aria aperta sul ponte della nave e con quante persone. Se siamo circondati da altre cento persone senza alcun distanziamento, il fatto di essere all’aperto, da solo, non è più sufficiente ad abbassare il rischio. Anche qui, di conseguenza, dipende.
Veniamo ora al nostro comportamento, la variabile più imprevedibile e problematica.
A prescindere dalle condizioni che troviamo nel mezzo scelto, il modo in cui ci comporteremo, gli accorgimenti che adotteremo e le scelte che faremo nei movimenti (consapevoli e non), hanno un peso consistente nel descrivere uno scenario di rischio come questo. E se anche potessimo prevedere o impostare a priori il nostro modo di agire, difficilmente possiamo fare lo stesso con quello altrui. Non è possibile, ed è il motivo per cui vengono imposte regole stringenti, che servono a limitare al massimo le variabili in gioco.
In qualunque di questi tre scenari potremmo trovarci sia al sicuro che in pericolo: un aereo, con spazio più ridotto ma con regole di comportamento più ferree (fermi al posto per tutto il viaggio, mascherina obbligatoria sempre, interazione limitata) potrebbe rivelarsi potenzialmente meno problematico di un contesto dove lo spazio è maggiore ma c’è meno rigidezza e più possibilità di interagire (magari ad un tavolo, senza mascherine). O ancora, sempre sul traghetto, il rischio varia a seconda che ce ne stiamo chiusi tutto il tempo da soli in cabina o nella hall con altre cento persone.
Ancora una volta, le variabili aumentano a dismisura e, in maniera inversamente proporzionale, le certezze calano. Le domande da fare per delineare la situazione nel dettaglio potrebbero potenzialmente moltiplicarsi all’infinito e la nostra fatidica risposta netta non è invece ancora arrivata.
Analizza lo scenario
Abbiamo applicato questo schema ad uno scenario quotidiano come un viaggio per andare in vacanza. Ora prova ad analizzare uno scenario diverso, confrontando tra loro le opportunità, con rischi e vantaggi di ognuna.
Attenzione: il bias è sempre dietro l’angolo!
Aiutati con uno schema e ragiona per gradi: ti aiuterà a focalizzare meglio le informazioni e a tirare le somme.
Ovviamente no, ma dobbiamo cambiare il modo di interrogarla e trovare il modo giusto per farci aiutare da lei. Non trattiamola come un oracolo, pretendendo che fornisca risposte precise da prendere come oro colato; piuttosto impariamo a sfruttare le conoscenze a nostra disposizione usando la logica e cercando di comprendere la complessità delle situazioni che ci troviamo ad affrontare.
La pandemia è un banco di scuola in continua evoluzione, dove è proprio l’incertezza a regnare sovrana: la scienza non servirà a combattere questa incertezza, ma ci aiuterà a comprenderla e a gestirla meglio.