La politica economica europea alla luce degli attuali sviluppi socioeconomici e geopolitici
Piani di intervento e programmi di aiuti per fronteggiare le crisi
di Alberto Frau, gennaio 2024
Negli ultimi anni, importanti eventi socioeconomici e geopolitici hanno generato importanti conseguenze sulle strategie e sulle pratiche di governo delle istituzioni comunitarie e un riesame della governance economica.
L'autore: Alberto Frau è ricercatore universitario e professore aggregato di Economia aziendale presso l’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. È inoltre docente senior nella Business School della Università “LUISS Guido Carli” di Roma. Alla ricerca scientifica sulle specifiche tematiche del mondo aziendale, affianca studi e pubblicazioni nel campo dell’economia politica e della politica economica. Per Mondadori Education è coautore del corso “Relazioni internazionali”.
L’Unione economica e monetaria e la governance economica europea
Con il Trattato di Maastricht del 1992 l’Unione Europea (UE) ha dato vita all’Unione economica e monetaria (UEM); termine ampio con il quale si identifica il sistema delle istituzioni e delle pratiche di governo mediante cui si assicura il coordinamento delle politiche economiche e monetarie degli Stati membri dell’UE, a sostegno della creazione di un’area economica e monetaria unica contraddistinta da integrazione e cooperazione. In tal senso, l’espressione governance economica individua quel complesso di regole, procedure e pratiche inerenti all’esercizio di poteri, all’interno dell’UE, tesi a conseguire l’obiettivo citato. L’UEM è basata su diversi pilastri tra i quali, senza pretesa alcuna di esaustività, si indicano:
- adozione di una politica fiscale e di bilancio comune, tramite la prescrizione di linee guida per le politiche fiscali e di bilancio degli Stati membri, al fine di mantenere la stabilità economica e finanziaria dell’intera Unione. Tali linee guida sono definite nel «Patto di Stabilità e Crescita» e mirano a limitare i disavanzi di bilancio e il debito pubblico, attraverso il dialogo strutturato e la sorveglianza reciproca per evitare squilibri macroeconomici degli Stati membri e promuovere la convergenza economica;
- attuazione di una politica monetaria comune, gestita dalla Banca centrale europea (BCE). Quest’ultima è responsabile della stabilità dei prezzi e assume decisioni sulla politica dei tassi di interesse e altre misure per controllare l’inflazione e sostenere la crescita economica. Al fine di rafforzare il settore europeo delle aziende di credito, tale politica propone, altresì, la creazione di un’unione bancaria caratterizzata dalla supervisione bancaria comune (attraverso la BCE), basata su un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie e un fondo comune per la garanzia dei depositi;
- rafforzamento dello sviluppo regionale e della coesione sociale, mediante attribuzione di risorse volte a ridurre le disparità economiche tra le diverse regioni dei suoi Stati membri. Questo si traduce in investimenti nelle regioni più svantaggiate al fine di favorirne lo sviluppo economico e sociale;
- sviluppo della crescita economica e della competitività a lungo termine basate sull’innovazione, sulla ricerca e sull’inclusione sociale. In particolare, il focus di tale pilastro è rappresentato dall’obiettivo di dar vita a una società sempre più inclusiva, equilibrata e giusta. Ciò implica garantire l’uguaglianza di opportunità, proteggere i diritti umani, affrontare la povertà, promuovere l’accesso all’istruzione, alla salute e alla giustizia per tutti;
- realizzazione di un processo di sviluppo sostenibile, tramite la promozione di un’economia che sia in grado di crescere in modo sano e inclusivo, creando ricchezza e occupazione senza esaurire le risorse naturali; preservando e proteggendo l’ambiente naturale; conservando la biodiversità; gestendo in modo sostenibile le risorse naturali come l’acqua, l’aria, il suolo e l’energia, riducendo al minimo l’inquinamento e l’impatto negativo sull’ecosistema.
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da importanti eventi socioeconomici e geopolitici. In particolare, la pandemia da COVID-19 e il conflitto russo-ucraino al quale si è aggiunto da ultimo quello medio-orientale, hanno generato una serie di conseguenze sul piano delle scelte della politica economica comunitaria che impongono adeguate riflessioni. Le brevi considerazioni che seguono intendono offrire una sintetica panoramica delle politiche messe in atto dalla governance economica dell’UE, al fine di poter realizzare gli obiettivi di politica economica sopra elencati.
Il programma NextGenerationEU e i Piani nazionali per la ripresa e il rilancio economico europeo
La principale componente del NGEU è il Recovery and Resilience Facility (RRF), che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026. Attraverso tale dispositivo la Commissione raccoglie fondi emettendo obbligazioni per conto dell’UE e li mette a disposizione degli Stati membri per implementare riforme e investimenti ambiziosi che rendano le loro economie e società più sostenibili, resilienti e preparate per le transizioni verdi e digitali, in linea con le priorità della politica economica europea. Gli Stati membri, in prima linea il nostro Paese, al fine di dare attuazione pratica al RRF hanno presentato i cosiddetti Piani Nazionali per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), caratterizzati da progetti e investimenti finalizzati a stimolare la crescita economica, a promuovere la sostenibilità e a rafforzare la resilienza del Paese. Tali Piani devono necessariamente orientati verso le seguenti aree:
- digitalizzazione: piani volti all’infrastruttura digitale, connettività a banda larga, digitalizzazione del settore pubblico e delle imprese, promozione dell’innovazione tecnologica;
- transizione verde: ridurre le emissioni di gas serra, promuovere l’energia pulita, migliorare l’efficienza energetica e la mobilità sostenibile, proteggere l’ambiente;
- competitività e infrastrutture: potenziare l’efficienza delle infrastrutture, inclusi investimenti nel settore dei trasporti e nelle reti di comunicazione, per migliorare la competitività economica;
- istruzione e ricerca: rafforzare il sistema educativo, favorire la formazione professionale, sostenere la ricerca e lo sviluppo tecnologico;
- coesione sociale: ridurre le disuguaglianze, promuovere l’inclusione sociale, sostenere il mercato del lavoro e affrontare le conseguenze sociali della crisi.
Gli Stati membri possono beneficiare di tali finanziamenti quando raggiungono i traguardi e gli obiettivi specifici stabiliti e approvati. Prima di effettuare qualsiasi pagamento, infatti, la Commissione valuta che ciascun traguardo e obiettivo previsto nel piano sia stato raggiunto in modo soddisfacente. A tal fine, ogni Paese beneficiario ha dovuto sottoscrivere, con l’UE, un contratto con il quale si è impegnato, a fronte dei sussidi e dei finanziamenti accordati, a compiere le riforme e gli investimenti previsti nel piano, nei tempi e secondo le modalità di attuazione e rendicontazione stabiliti. A partire dall’estate 2021, i Paesi titolari dei Piani già approvati, tra cui l’Italia, hanno firmato i relativi contratti e hanno iniziato a ricevere le tranche di risorse.
ll PNRR italiano è stato elaborato in stretta collaborazione tra il Governo, le amministrazioni locali, gli attori economici e sociali, nonché con un’attenta supervisione da parte della Commissione europea. Prevede investimenti pari a 194,4 miliardi di euro (122,6 miliardi di euro in prestiti e 71,8 miliardi di euro in sovvenzioni) e copre 66 riforme e 150 investimenti in sei aree principali: transizione ecologica, innovazione e competitività, infrastrutture per la mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione sociale e coesione territoriale, salute e sicurezza.
L’andamento del rapporto debito pubblico/PIL, l’attivazione della «clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita» e la «nascita del nuovo patto di stabilità e crescita»
Nel mese di dicembre del 2023, dopo lunghe discussioni, è stato raggiunto un accordo tra i Paesi sul nuovo Patto di stabilità e crescita. Il testo, che dovrà essere vagliato dalla Commissione e ratificato dal Parlamento europeo, comporta la ripresa delle raccomandazioni specifiche per Paese sulla politica di bilancio, quantificate e differenziate in base ai problemi di debito pubblico degli Stati membri.
Il programma REPowerEU e l’indipendenza dai combustibili fossili
- diversificazione delle fonti energetiche tramite la stipula di accordi con altri Paesi terzi per le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL), la creazione di partenariati strategici con Namibia, Egitto e Kazakistan al fine di assicurare un’offerta sicura e sostenibile di idrogeno rinnovabile e la firma di accordi con Egitto e Israele per l’esportazione di gas naturale in Europa;
- garanzia di forniture energetiche accessibili tramite il lancio della piattaforma energetica dell’UE per aiutare a diversificare le forniture energetiche;
- risparmio energetico tramite un accordo per ridurre la domanda di gas in tutta l’UE e la corrispondente massiccia implementazione di energie rinnovabili;
- introduzione di tetti sui prezzi del gas tramite introduzione di un tetto su tali prezzi, per garantire che i cittadini europei abbiano accesso a forniture energetiche accessibili.
In questo contesto, particolare rilevanza assume il Green Deal Europeo (rectius «patto verde»), rappresentato da un insieme di strategie e piani d’azione specifici, rivolti a numerosi settori, che mirano a porre l’UE sulla strada della transizione verde, con l’obiettivo finale di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Il Green Deal Europeo sostiene la trasformazione dell’UE in una società equa e prospera, con un’economia moderna e competitiva entro il 2050. Il patto verde impegna enormi risorse per uno scopo importante, ma difficile da raggiungere. Rappresenta, dunque, una grande occasione, ma anche una sfida. Secondo la Commissione europea il 25% del bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027 sarà utilizzato per obiettivi climatici e ambientali.