Lise Meitner, una fisica che non ha mai perso la sua umanità

di Edwige Pezzulli

  • Materie coinvolte: Fisica

Per aumentare la nostra comprensione della realtà, è utile ricostruire anche la storia delle persone che hanno contribuito allo sviluppo delle conoscenze scientifiche alla base del nostro bagaglio culturale. La vita della fisica Lise Meitner ci permette di ripercorrere l’intreccio profondo che intercorre tra discipline come la fisica o la chimica, e la vasta rete sociale, economica e politica nella quale i saperi sono immersi.


 

Lise Meitner, una fisica che non ha mai perso la sua umanità

È il 7 novembre 1878. Al numero 27 della Kaiser Josefstraße di Vienna nasce Elise Meitner.
A causa del clima di sbadataggine collettiva che regna nella Vienna di fine secolo, sul registro della comunità ebraica Elise risulta nata con 10 giorni di ritardo. Ben presto anche la prima lettera del suo nome sparisce, rendendo Elise per tutti “Lise.
L’aria che si respira a casa Meitner è stimolante. Lise viene incentivata allo studio e a pensare con la sua testa, e fin dai primi anni di vita si appassiona alle scienze. Alle donne, però, l’ingresso a molte scuole superiori è sbarrato, soprattutto quello al Gymnasium, l’istituto che permette di proseguire gli studi e andare all’università. A un anno dal termine del percorso in un istituto pedagogico, Lise Meitner legge che le porte degli atenei viennesi si aprono per la prima volta anche alle donne. Per potersi iscrivere però bisogna superare prima un esame, il Matura, preparando in due anni il programma che i ragazzi del Gymnasium hanno studiato in otto. Così nel 1901 venti donne coraggiose tentano il test, per accedere poi alla facoltà di Scienze - un esame che i professori si impegnano a rendere estenuante, sospettosi verso quel gruppo di ragazze mosse da una sincera ambizione intellettuale.
Sedici di loro vengono bocciate, quattro invece ottengono la maturità e Lise Meitner è tra di loro. Dopo più di 500 anni dalla nascita dell’Università di Vienna, uno sparuto gruppo di donne varca le soglia della facoltà di Scienze.


 

Inciampando sulla radioattività

Il suggello dell’amore per la fisica arriva presto grazie al suo professore Ludwig Boltzmann. Animo inquieto e tormentato, Boltzmann è un fisico visionario: mentre la comunità scientifica è ancora restia ad accettarne l’esistenza, lui parla già delle conseguenze che ha sul mondo macroscopico la particella indivisibile, l’elemento costituente, il mattoncino su cui tutto si fonda, l’atomo. Ai primi del ‘900, infatti, molti scienziati non credono che gli atomi esistano [LINK], ma Ludwig Boltzmann non si lascia condizionare - perlomeno non scientificamente: “Non cito alcuno dei miei predecessori”, dice, “perché non ho precursori”. Lise ne è completamente assorbita.
Nel 1906 la giovane studentessa è una delle prime di tutto l’impero austro-ungarico a laurearsi con lode ma il suo entusiasmo viene stemperato qualche mese dopo: Ludwig Boltzmann si è tolto la vita a Duino, vicino Trieste. La direzione dell’Istituto di Fisica passa a una persona che si occupa di un campo di ricerca che segnerà per sempre il futuro di Lise Meitner: la radioattività.
L’epoca nella quale le vicissitudini della giovane Meitner si svolgono è contraddistinta da un clima di grande fervore scientifico. Si iniziano a collezionare sempre più conferme sperimentali dell’esistenza degli atomi, ma queste particelle appaiono sempre meno a-tomos (cioè indivisibili), come si era pensato fino a quel momento. Quelli radioattivi, infatti, emettono naturalmente delle particelle: se gli atomi fossero indivisibili, come potrebbero emettere qualcosa? Devono invece avere una sottostruttura, essere composti da particelle più piccole. La radioattività, che si sta indagando proprio in quegli anni, sembra essere una conferma che gli atomi siano strutture complesse.

Oltre alla parola “radioattività”, compare nel dizionario della fisica il concetto di “quanto” (da cui poi meccanica quantistica) a opera del fisico tedesco Max Planck. È in questo contesto di entusiasmo febbrile che Lise frequenta l’Istituto di Fisica di Vienna a titolo gratuito: di giorno insegna in una scuola per ragazze e la sera va in laboratorio a fare esperimenti. Ed è nei corridoi dell'istituto che incontra proprio Max Planck, in visita a Vienna dall’Università di Berlino. Dopo averlo ascoltato, Lise non ha dubbi: vuole far parte anche lei di quella rivoluzione scientifica raccontata così bene da Planck. Deve partire, e trasferirsi subito a Berlino.


 

Una coppia pioniera

A Berlino Lise scopre che le donne non possono fare ricerca. La giovane fisica è molto determinata a trovare comunque una strada: chiede di collaborare a diversi colleghi e bussa alle porte più disparate, ottenendo però sempre la stessa risposta negativa. Neanche il celebre Max Planck nutre alcuna fiducia nei confronti delle capacità cognitive delle donne.
Il 28 settembre 1907 Lise Meitner incontra il chimico Otto Hahn. Sono ricercatori affini, lo capiscono da subito e iniziano a progettare insieme degli esperimenti sulla radioattività. Per realizzarli serve un laboratorio e Hahn lavora all’Istituto di Chimica ma – c’è un ma: il direttore, Emil Fischer, non ammette donne nel suo Istituto. Non solo come ricercatrici, ma nemmeno come uditrici. Non le vuole proprio veder varcare la soglia del centro.
Hahn racconta a Fischer i progetti di ricerca che ha in cantiere con la giovane austriaca, e spiega che Lise Meitner è una delle pochissime scienziate esperte di radioattività. Fischer si convince e concede alla coppia, seppur malvolentieri, uno spazio per i loro esperimenti. Ad accoglierli, un’ex falegnameria negli scantinati dell’Istituto dove allestire un laboratorio e fare ricerca, a patto che Lise usi l’ingresso indipendente per raggiungere solo ed esclusivamente il laboratorio, senza nessuna eccezione. Anche per il bagno dovrà chiedere asilo al bar che si trova alla fine della strada.
Gli esperimenti si rivelano promettenti, Lise Meitner e Otto Hahn iniziano a essere riconosciuti come un vero e proprio gruppo di ricerca, il pionieristico “laboratorio Hahn-Meitner”.
Tre anni dopo Max Planck chiede a Lise di diventare sua assistente. È il primo stipendio della sua vita, e nel frattempo è anche diventata la prima donna della Germania a gestire alla pari, con Otto Hahn, un ampio laboratorio (che nel frattempo è risalito dagli scantinati). Il trattamento che ricevono, però, paritario non è: i chimici più giovani salutano lui - “Guten Morgen, Herr Hahn!” - e ignorano lei. Quando nel 1914 arrivano 66 mila marchi dalla messa in commercio di alcune applicazioni di una loro ricerca, Otto se ne prende il 90%. Lei, come succederà spesso, guarda al lato positivo della faccenda: “non ne avevo mai posseduti così tanti in vita mia”.


 

Achtung, Meitner

Oltre a Max Planck, Berlino ospita anche Albert Einstein, il padre della teoria della relatività, uno dei fisici più importanti dell’epoca. Ma è anche un fisico ebreo, e l’aria che si respira in Germania è sempre più antisemita. La teoria della relatività, per esempio, viene contestata pubblicamente in quanto “teoria ebraica”.
Lise Meitner sa di essere ebrea, ma il suo cammino nella nascente fisica è così ricco di successi scientifici che, forse, ne resta abbagliata: nel 1922 diventa la prima professoressa di un’Università della Prussia e due anni dopo riceve il premio Leibnitz. Stima l’età della Terra usando il decadimento di alcuni elementi radioattivi, propone l’idea che le stelle si sostengano grazie alla fusione nucleare, la quale produce energia nei loro cuori, e misura con gran precisione la massa del neutrone. Nel 1924 viene candidata, insieme a Otto Hahn, al premio Nobel per la chimica. Non vinceranno, ma tra il ‘25 e il ‘34 la coppia Meitner-Hahn sarà ricandidata per ben dieci volte.
Lise non avverte il pericolo. Non lo avverte quando Albert Einstein decide di partire per la California, nel 1932, preoccupato dal successo elettorale dei nazisti. E nemmeno quando Hitler fa espellere dalle università tutti i docenti “non ariani”, sotto lo sguardo connivente degli altri colleghi, che nel frattempo giurano fedeltà al Führer.
Nel 1933 Lise Meitner è nella lista dei docenti sospesi. Nel 1936 le vietano di pubblicare. Nel 1938, quando l’Austria è annessa alla Germania, capisce che è arrivato il momento di fuggire verso Stoccolma. Dalla Svezia, infatti, le hanno offerto una posizione che le avrebbe garantito uno stipendio, ma per arrivarci è necessario prima di tutto lasciare la Germania.
È il 13 luglio 1938. Lise Meitner sale su un treno con due piccole borse, 10 marchi e un anello regalatole da Otto Hahn. I fisici olandesi hanno messo in campo tutti i loro contatti per far sì che quel giorno i controlli all’uscita dalla Germania siano indulgenti. Il piano infatti è di entrare in Olanda e raggiungere da lì la Svezia.
Dopo sette ore di viaggio, il treno arriva alla frontiera.
Nessun controllo.
La notizia si sparge tra i fisici tedeschi: Lise Meitner è salva.


 

Al nucleo della divisione

Poco prima di lasciare Berlino, Lise e Otto erano alle prese con un esperimento sull’uranio, l’elemento più pesante che esista in natura. Enrico Fermi aveva vinto il premio Nobel per la fisica nel 1934 per la scoperta dei cosiddetti “elementi transuranici”. Dopo aver bombardato l’uranio con dei neutroni, gli scienziati italiani pensavano di aver ottenuto degli atomi con un nucleo più pesante di quello dell’uranio.
Quando Lise Meitner lascia Berlino, Otto Hahn continua l’esperimento assieme al collaboratore Fritz Strassman e riprende a bombardare l’uranio con dei neutroni, ma i conti di Fermi non tornano. Gli elementi che vengono prodotti dopo i bombardamenti non sembrano affatto più pesanti dell’uranio, anzi, sembrano elementi leggeri.
Lise e Otto hanno una corrispondenza fittissima in quei mesi alla fine del 1938. Hahn vuole che il fenomeno chimico che lui e Strassman hanno osservato sia inserito in un quadro fisico sensato, e chiede a Lise una spiegazione. Lei, che in quei giorni di vacanze natalizie si trova con il nipote Otto Frisch (fisico anche lui), gliela fornisce. Zia e nipote passeggiano in un bosco innevato quando Lise viene folgorata da un’idea: gli atomi di uranio bombardati da neutroni non si stanno appesantendo, come vorrebbe il Nobel dato a Fermi. Si stanno spezzando in due, liberando una gran quantità di energia. Lise Meitner e Otto Frisch avevano appena scoperto la fissione nucleare. L’Accademia delle Scienze di Stoccolma, con il premio dato a Fermi, aveva preso un granchio.


 

Un neutrone dopo l’altro

In meno di un mese, la notizia della fissione apre nuovi scenari di ricerca. Fermi ipotizza che quando un neutrone spacca un nucleo, il processo può emettere, oltre a dell’energia, anche altri neutroni, che a loro volta potrebbero spaccare altri nuclei, e così via. Si capisce subito che una volta partita, la fissione può innescare una reazione a catena.
La fissione nucleare è appena stata scoperta e nell’aria aleggia già l’idea della bomba. Il 2 agosto dello stesso anno, il 1939, Albert Einstein scrive una lettera al presidente degli Stati Uniti spiegandogli che la fissione nucleare è un processo che può liberare incredibili quantità di energia e che in Germania potrebbero essere già al lavoro per la creazione di una bomba.
È così che nei due poli del mondo occidentale, due distinte comunità fisiche si iniziano a impegnare con lo stesso obiettivo nucleare: da una parte, gli Stati Uniti e il Manhattan Project, dall’altra la Germania nazista con l’Uranverein. In questa corsa alle armi, Lise Meitner si schiera chiaramente: quando gli statunitensi le chiedono di collaborare, lei rifiuta senza esitazioni.
Alla fine del 1944, poco dopo lo sbarco degli alleati in Normandia, arriva una grande notizia: il Nobel per la chimica è stato assegnato alla scoperta della fissione nucleare. Lise Meitner e suo nipote Otto Frisch non vengono però nemmeno menzionati, e il premio va interamente al gruppo di Berlino, Otto Hahn e Fritz Strassmann.


 

La bomba

Quello che successe nel 1945 lo conosciamo tutti [LINK]. Due bombe nucleari vengono sganciate prima su Hiroshima e poi su Nagasaki, provocando circa 200 mila vittime, quasi tutte civili.
Il giorno dopo lo scoppio della prima bomba atomica, i giornali americani contattano Lise Meitner per intervistarla, presentandola negli articoli come “la madre ebrea della bomba”. Non le viene riconosciuto il merito della scoperta del meccanismo fisico alla base della fissione, ma la maternità della bomba è tutta sua: i giornali infatti raccontano quasi sempre la stessa storia romanzata - la sua fuga dalla Germania, l’obiettivo di strappare via i segreti del nucleare a Hitler. La casa di produzione cinematografica Metro Goldwyn Mayer la contatta addirittura per interpretare sé stessa in un film, “The beginning of the end”. Lise Meitner, che trascorrerà tutta la vita a promuovere l’uso pacifico dell’energia nucleare, rifiuta.
Dopo la fine della guerra, continua a ricevere proposte dai colleghi tedeschi per tornare in Germania, ma le rispedisce tutte con gentilezza ai mittenti. A 71 anni diventa cittadina svedese, non senza dimenticare le contraddizioni che il paese ospite le ha mostrato da vicino. Sulla soglia degli 80 anni, infatti, scriverà al collega tedesco James Franck: “Qui essere una donna è già un mezzo crimine. Avere una propria opinione, poi, è completamente proibito”.
Nonostante i mancati riconoscimenti scientifici e il relativo risentimento, l’amicizia tra Lise Meitner e Otto Hahn sopravviverà alle tensioni e al tempo. Alla fine del luglio 1968 Hahn muore a Gottinga, ma il nipote di Lise decide di non darne notizia alla zia.
Tre mesi dopo, il 27 ottobre 1968, Lise Meitner muore nel sonno.
Sulla sua lapide campeggia un’iscrizione. Sotto il suo nome, sette parole ricche di grazia e di sostanza riassumono così la sua esistenza: “Lise Meitner, a physicist who never lost her humanity”.