Nobel per la Medicina 2022: indagare il passato per comprendere il presente
di Ylenia Nicolini
- Materia coinvolta: Biologia
Indagare il passato per comprendere il presente
Nato nel 1955, lo scorso 3 ottobre 2022 ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina. Si tratta di Svante Pääbo, biologo e genetista svedese, attualmente direttore del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania).
È da domande secolari che partono gli studi di Pääbo: da dove veniamo? Che cosa ci lega alle altre specie di ominidi che ci hanno preceduto? In che cosa, Homo sapiens, è unico nel suo genere? Siamo alla fine del secolo scorso e le tecniche di sequenziamento del DNA sono ormai avanzate; ciò avrebbe permesso non solo di sequenziare il genoma umano, ma anche di studiare le relazioni genetiche tra popolazioni umane differenti. È con queste premesse che Svante Pääbo, dopo essersi dottorato nel 1986, inizia a maturare l’idea di utilizzare le nuove tecnologie genetiche per studiare il DNA dei Neanderthal. In questi primi anni da studente post-doc, così, decide di affiancare Allan Wilson, pioniere degli studi di biologia evolutiva, per studiare metodi specifici per sequenziare il DNA antico. Pääbo comprende fin da subito che ricostruire il DNA recuperato da reperti fossili rappresenta una sfida non da poco: il materiale genetico, con il tempo, si modifica chimicamente e si degrada in piccoli frammenti; dopo migliaia di anni ne restano solo poche tracce, il più delle volte contaminate da DNA batterico o dell’uomo moderno. Decide, di conseguenza, di dedicarsi all’analisi del DNA mitocondriale (mtDNA) neandertaliano; l’mtDNA, nonostante le piccole dimensioni, è presente in ciascuna cellula in migliaia di copie, dettaglio essenziale per garantirne la decodifica. Grazie ai metodi sviluppati durante il periodo post-dottorale, Pääbo riesce così a sequenziare una regione di mtDNA prelevato da un pezzo di osso risalente a 40 000 anni fa. Per la prima volta, la comunità scientifica ha accesso a una sequenza di DNA di un parente estinto e può dimostrarne le differenze genetiche con gli esseri umani contemporanei e con gli scimpanzè.
Per studiare la relazione tra il moderno Homo sapiens e l’uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis), tuttavia, è indispensabile sequenziare anche il genoma nucleare di quest’ultimo. Lo scienziato, da poco trasferitosi al Max Planck Institute di Lipsia, coglie questa sfida straordinaria; con il suo gruppo di ricerca mette a punto metodi di sequenziamento del DNA antico sempre più avanzati e all’avanguardia che, nel 2010, gli consentono di raggiungere un traguardo apparentemente impossibile: sequenziare l’intero genoma neandertaliano. Pääbo e collaboratori iniziano subito a condurre un vero e proprio studio comparato tra le due specie e rivelano due risultati sorprendenti: 1) l’antenato comune più recente di H. sapiens e H. neanderthalensis è vissuto circa 800 000 anni fa; 2) il genoma dei moderni euroasiatici include sequenze genetiche di origine neandertaliana in una percentuale dell’1-4%.
Grazie agli studi di paleontologia sappiamo che i Neanderthal sono vissuti in Europa e Asia tra 400 000 e 30 000 anni fa; Homo sapiens, invece, sarebbe comparso in Africa circa 300 000 anni fa per poi migrare, a partire da 70 000 anni fa, verso il Medio Oriente e il resto del mondo. Queste scoperte avevano già indotto a ipotizzare un incontro preistorico tra le due specie; tuttavia, solo le analisi genetiche di Pääbo hanno permesso di dimostrare che i due ominidi, durante il periodo di convivenza in Eurasia, non solo si incontrarono, ma si incrociarono, creando un’eredità genetica che è giunta sino a noi.
Le scoperte di Pääbo non si limitano, inoltre, alle relazioni intercorse tra H. sapiens e H. neanderthalensis. È il 2008 e la grotta di Denisova, nella Siberia meridionale, restituisce un frammento osseo di un dito risalente a 40 000 anni fa. Il DNA del reperto è eccezionalmente ben conservato e la sua analisi rivela una scoperta sensazionale: la sequenza, troppo diversa da quelle note dei Neanderthal e degli esseri umani moderni, appartiene a una terza specie umana in precedenza sconosciuta. Anche questo ominide, denominato “uomo di Denisova” (dal nome della caverna dove è stato trovato il reperto), dopo aver convissuto con i nostri predecessori, ha lasciato alcune tracce nel nostro DNA. Pääbo e colleghi rilevano infatti una certa quantità di DNA denisoviano (circa il 6%) negli abitanti della Melanesia (una subregione dell’Oceania) e di altre parti del Sud-est asiatico, testimonianza che lo scambio di geni in epoca preistorica è avvenuto anche tra l’H. sapiens e l’uomo di Denisova (Figura 1).
È da domande secolari che partono gli studi di Pääbo: da dove veniamo? Che cosa ci lega alle altre specie di ominidi che ci hanno preceduto? In che cosa, Homo sapiens, è unico nel suo genere? Siamo alla fine del secolo scorso e le tecniche di sequenziamento del DNA sono ormai avanzate; ciò avrebbe permesso non solo di sequenziare il genoma umano, ma anche di studiare le relazioni genetiche tra popolazioni umane differenti. È con queste premesse che Svante Pääbo, dopo essersi dottorato nel 1986, inizia a maturare l’idea di utilizzare le nuove tecnologie genetiche per studiare il DNA dei Neanderthal. In questi primi anni da studente post-doc, così, decide di affiancare Allan Wilson, pioniere degli studi di biologia evolutiva, per studiare metodi specifici per sequenziare il DNA antico. Pääbo comprende fin da subito che ricostruire il DNA recuperato da reperti fossili rappresenta una sfida non da poco: il materiale genetico, con il tempo, si modifica chimicamente e si degrada in piccoli frammenti; dopo migliaia di anni ne restano solo poche tracce, il più delle volte contaminate da DNA batterico o dell’uomo moderno. Decide, di conseguenza, di dedicarsi all’analisi del DNA mitocondriale (mtDNA) neandertaliano; l’mtDNA, nonostante le piccole dimensioni, è presente in ciascuna cellula in migliaia di copie, dettaglio essenziale per garantirne la decodifica. Grazie ai metodi sviluppati durante il periodo post-dottorale, Pääbo riesce così a sequenziare una regione di mtDNA prelevato da un pezzo di osso risalente a 40 000 anni fa. Per la prima volta, la comunità scientifica ha accesso a una sequenza di DNA di un parente estinto e può dimostrarne le differenze genetiche con gli esseri umani contemporanei e con gli scimpanzè.
Per studiare la relazione tra il moderno Homo sapiens e l’uomo di Neanderthal (Homo neanderthalensis), tuttavia, è indispensabile sequenziare anche il genoma nucleare di quest’ultimo. Lo scienziato, da poco trasferitosi al Max Planck Institute di Lipsia, coglie questa sfida straordinaria; con il suo gruppo di ricerca mette a punto metodi di sequenziamento del DNA antico sempre più avanzati e all’avanguardia che, nel 2010, gli consentono di raggiungere un traguardo apparentemente impossibile: sequenziare l’intero genoma neandertaliano. Pääbo e collaboratori iniziano subito a condurre un vero e proprio studio comparato tra le due specie e rivelano due risultati sorprendenti: 1) l’antenato comune più recente di H. sapiens e H. neanderthalensis è vissuto circa 800 000 anni fa; 2) il genoma dei moderni euroasiatici include sequenze genetiche di origine neandertaliana in una percentuale dell’1-4%.
Grazie agli studi di paleontologia sappiamo che i Neanderthal sono vissuti in Europa e Asia tra 400 000 e 30 000 anni fa; Homo sapiens, invece, sarebbe comparso in Africa circa 300 000 anni fa per poi migrare, a partire da 70 000 anni fa, verso il Medio Oriente e il resto del mondo. Queste scoperte avevano già indotto a ipotizzare un incontro preistorico tra le due specie; tuttavia, solo le analisi genetiche di Pääbo hanno permesso di dimostrare che i due ominidi, durante il periodo di convivenza in Eurasia, non solo si incontrarono, ma si incrociarono, creando un’eredità genetica che è giunta sino a noi.
Le scoperte di Pääbo non si limitano, inoltre, alle relazioni intercorse tra H. sapiens e H. neanderthalensis. È il 2008 e la grotta di Denisova, nella Siberia meridionale, restituisce un frammento osseo di un dito risalente a 40 000 anni fa. Il DNA del reperto è eccezionalmente ben conservato e la sua analisi rivela una scoperta sensazionale: la sequenza, troppo diversa da quelle note dei Neanderthal e degli esseri umani moderni, appartiene a una terza specie umana in precedenza sconosciuta. Anche questo ominide, denominato “uomo di Denisova” (dal nome della caverna dove è stato trovato il reperto), dopo aver convissuto con i nostri predecessori, ha lasciato alcune tracce nel nostro DNA. Pääbo e colleghi rilevano infatti una certa quantità di DNA denisoviano (circa il 6%) negli abitanti della Melanesia (una subregione dell’Oceania) e di altre parti del Sud-est asiatico, testimonianza che lo scambio di geni in epoca preistorica è avvenuto anche tra l’H. sapiens e l’uomo di Denisova (Figura 1).
Gli studi di Pääbo hanno aggiunto nuovi tasselli alla comprensione della nostra storia evolutiva. Grazie a essi, ora sappiamo che le sequenze genetiche arcaiche ereditate dai nostri parenti estinti possono influenzare gli esseri umani moderni in vari modi; la versione denisoviana del gene EPAS1, per esempio, garantisce un vantaggio in termini di sopravvivenza ad altitudini elevate, ed è comune nei tibetani. Allo stesso modo, alcuni geni neandertaliani influiscono sulla nostra risposta immunitaria, sottoponendo coloro che ne sono portatori a un maggior rischio di sviluppare la COVID-19 in forma severa con necessità di ospedalizzazione.
Tutte queste scoperte sono state possibili solo grazie alla nascita della paleogenomica, di cui Pääbo è stato il fondatore. Questa nuova disciplina scientifica, che prevede l’analisi del materiale genetico conservato nei resti degli organismi antichi, ha rivoluzionato le nostre conoscenze sull’evoluzione umana, gettando le basi per esplorare e capire le nostre radici più profonde.
Tutte queste scoperte sono state possibili solo grazie alla nascita della paleogenomica, di cui Pääbo è stato il fondatore. Questa nuova disciplina scientifica, che prevede l’analisi del materiale genetico conservato nei resti degli organismi antichi, ha rivoluzionato le nostre conoscenze sull’evoluzione umana, gettando le basi per esplorare e capire le nostre radici più profonde.
Attività da proporre alla classe
Grazie alle scoperte di Svante Pääbo, pioniere nell’impiego delle innovative tecniche di paleogenomica, ora conosciamo le sequenze genetiche arcaiche dei nostri parenti estinti. Ora sei tu a dover prelevare e manipolare il DNA antico: ti trovi infatti in uno dei maggiori siti archeologici preistorici d’Europa e sono appena stati trovati i potenziali resti di un neonato di uomo di Neanderthal. Quali comportamenti e precauzioni dovresti assumere per evitare contaminazioni? Prima di sottoporre il reperto osseo alle analisi genetiche, quali operazioni è necessario fare? In che modo estrai il DNA e quali tecniche utilizzi per amplificarlo e sequenziarlo? Utilizza queste domande come traccia per realizzare una ricerca in Internet e preparare una presentazione multimediale che illustri le diverse fasi del processo di recupero e analisi del DNA di un reperto antico.
Sitografia
Bibliografia
Krause, J., Fu, Q., Good, J. M., Viola, B., Shunkov, M. V., Derevianko, A. P., & Pääbo, S. (2010). The complete mitochondrial DNA genome of an unknown hominin from southern Siberia. Nature, 464(7290), 894-897.
Meyer, M., Kircher, M., Gansauge, M. T., Li, H., Racimo, F., Mallick, S., ... & Pääbo, S. (2012). A high-coverage genome sequence from an archaic Denisovan individual. Science, 338(6104), 222-226.
Prüfer, K., Racimo, F., Patterson, N., Jay, F., Sankararaman, S., Sawyer, S., ... & Pääbo, S. (2014). The complete genome sequence of a Neanderthal from the Altai Mountains. Nature, 505(7481), 43-49.
Vernot, B., Tucci, S., Kelso, J., Schraiber, J. G., Wolf, A. B., Gittelman, R. M., ... & Akey, J. M. (2016). Excavating Neandertal and Denisovan DNA from the genomes of Melanesian individuals. Science, 352(6282), 235-239.
Zeberg, H., & Pääbo, S. (2020). The major genetic risk factor for severe COVID-19 is inherited from Neanderthals. Nature, 587(7835), 610-612.
Meyer, M., Kircher, M., Gansauge, M. T., Li, H., Racimo, F., Mallick, S., ... & Pääbo, S. (2012). A high-coverage genome sequence from an archaic Denisovan individual. Science, 338(6104), 222-226.
Prüfer, K., Racimo, F., Patterson, N., Jay, F., Sankararaman, S., Sawyer, S., ... & Pääbo, S. (2014). The complete genome sequence of a Neanderthal from the Altai Mountains. Nature, 505(7481), 43-49.
Vernot, B., Tucci, S., Kelso, J., Schraiber, J. G., Wolf, A. B., Gittelman, R. M., ... & Akey, J. M. (2016). Excavating Neandertal and Denisovan DNA from the genomes of Melanesian individuals. Science, 352(6282), 235-239.
Zeberg, H., & Pääbo, S. (2020). The major genetic risk factor for severe COVID-19 is inherited from Neanderthals. Nature, 587(7835), 610-612.