Guerra in Ucraina e armi chimiche: la storia che si ripete

di Maria Vittoria Miggiano

  • Obiettivo Primario: 16 - Promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile. Garantire a tutti l'accesso alla giustizia e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli.
  • Materia: Chimica, Storia

Da settimane le intelligence occidentali e il governo di Kiev stanno valutando il rischio che l’esercito russo possa utilizzare armi chimiche per inasprire il conflitto. Ma cosa si intende per armi chimiche? Qual è la loro storia?

 

Guerra in Ucraina e armi chimiche: la storia che si ripete

Il 25 febbraio 2022 le truppe russe hanno invaso l’Ucraina suscitando lo sgomento e la preoccupazione di gran parte delle nazioni del globo e costringendo l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a escludere la Russia dal Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU. Questa decisione è stata presa anche in virtù degli impegni sottoscritti dai Paesi membri dell’ONU nell’Agenda 2030.
Costituita da 17 obiettivi, l’Agenda 2030 ha come scopi il benessere delle popolazioni, lo sviluppo economico, la protezione dell’ambiente e la pace. Proprio quest’ultima è l’elemento cardine dell’obiettivo 16 finalizzato alla costituzione di società pacifiche e inclusive con particolare attenzione ai flussi di armi illegali. Dalla dichiarazione di guerra del Presidente russo infatti, tante sono le voci sulle possibili armi belliche in gioco e, dopo le minacce di guerra nucleare, non si può escludere l’utilizzo di armi chimiche.
Secondo l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC) queste sono definibili come strumenti bellici che “causano danni o morte intenzionale attraverso agenti di carattere chimico" e possono essere classificabili più nel dettaglio come agenti asfissianti, vescicanti, ematici, nervini e antisommossa.
Negli anni, numerosi sono stati i provvedimenti imposti per vietarne la produzione, lo stoccaggio e l’uso. L’ultima è la Convenzione sull’uso di Armi Chimiche elaborata nel 1993 ed entrata in vigore il 29 aprile 1997 come versione aggiornata e migliorata del Protocollo di Ginevra del 1995. La Convenzione, a cui hanno finora aderito 193 Stati, consiste in un accordo, vincolante per il diritto internazionale, volto a bandire le armi chimiche a livello mondiale tramite l’attuazione di rigidi controlli contro il loro sviluppo e la distruzione degli arsenali esistenti.
​​Il primo impiego di queste armi su vasta scala risale alla seconda battaglia di Ypres durante la Prima guerra mondiale, quando l’esercito tedesco posizionò bombole contenenti cloro lungo tutta la zona del fronte. Nello specifico il gas utilizzato fu il 2-cloroetilsolfuro, il cui studio e messa a punto furono opera di Fritz Haber e di sua moglie Clara Immerwahr.
Conosciuto anche come “gas mostarda” per il suo caratteristico odore di senape, questo gas agisce a contatto con le mucose bagnate producendo acido cloridrico e bruciando le vie respiratorie.
Il cloro venne però rapidamente sostituito con il fosgene, caratterizzato da una tossicità sei volte superiore. La sua scoperta risale al 1812, quando il chimico inglese John Davy lo sintetizzò tramite la reazione fotochimica di CO e Cl2, da qui l’origine del suo nome: φῶς (fos, luce) e γεννάω (ghennào, genero). Il fosgene, dicloruro dell’acido carbonico, si presenta sotto forma di gas incolore estremamente tossico e caratterizzato da un forte odore di fieno ammuffito. La sua insidiosità risiede principalmente nel non provocare effetti immediati ma solo tra le 24 e le 72 ore dopo l’inalazione poiché, combinandosi con l’acqua presente nei tessuti del tratto respiratorio, si decompone in anidride carbonica e acido cloridrico, dissolvendo così le membrane delle cellule. Attualmente la sintesi di fosgene è principalmente finalizzata alla produzione di polimeri, isocianati e cloruri acilici tramite l’utilizzo di tre processi:

  • ossido di carbonio e cloro gassosi su un letto di carbone ad alta porosità utilizzato come catalizzatore
    CO + Cl2 → COCl2

    La reazione è caratterizzata da una elevata esotermicità che rende necessario il continuo raffreddamento del reattore per mantenere la temperatura tra 50 °C e 150 °C, al sopra dei quali il fosgene si scompone nuovamente nei suoi precursori.
  • tetraclorometano e acqua ad alte temperature
    CCl4 + H2O → COCl2 + 2 HCl
  • cloroformio e ossigeno atmosferico (reazione fotochimica)
    CHCl3 + O2 → COCl2
Al termine del primo conflitto mondiale, le industrie belliche convertirono la loro produzione in pesticidi e fitofarmaci ma le nuove sostanze furono ancora una volta impiegate in teatri di guerra come armi chimiche.
Partendo da queste infatti vennero sintetizzati gli agenti nervini, o composti organofosforici, suddivisibili in due macro categorie: classe “G” e classe “V” dai termini “Germania”, dove furono scoperti e sviluppati, e “velenoso”.
Tra i più diffusi ricordiamo il Sarin (GB), il Soman (GD) e il Tabun (GA), la cui produzione avviene tramite la reazione di un radicale alcolico e un radicale ossigeno-fosforico.
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Figura 1. Formula di struttura Sarin (GB)

ruminanti

Figura 2. Formula di struttura Soman (GD)

ruminanti

Figura 3. Formula di struttura Tabun (GA)

Tali composti sono caratterizzati da un basso punto di ebollizione che rende il passaggio dallo stato liquido a quello gassoso istantaneo e spontaneo. Tuttavia la pericolosità risiede principalmente nella somiglianza strutturale con l’acetilcolina, neurotrasmettitore che permette il controllo della contrazione muscolare e la trasmissione di impulsi tra le cellule nervose. Questa analogia provoca l’interazione e l’inibizione del sito attivo dell’enzima acetilcolinesterasi, catalizzatore della reazione di idrolisi dell’acetilcolina, con la conseguente interruzione della trasmissione di impulsi nervosi e la paralisi del sistema cardio-respiratorio.

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Figura 4. Reazione di idrolisi del neurotrasmettitore Acetilcolina.

Concretizzandosi sempre di più la minaccia dell’utilizzo di armi chimiche, è necessario valutare anche il loro impiego in senso lato, ovvero quando queste non sono indirizzate direttamente contro gli esseri umani ma mirano a indebolire la popolazione e il Paese “nemico” distruggendone i punti di forza economici e sociali o cercando di appropriarsene.
Un esempio storicamente noto è l’utilizzo dell’“agente arancione”, un agente defoliante utilizzato dall’esercito americano per contrastare le truppe vietnamite fra il 1961 e il 1971. Il suo nome deriva dal colore dei bidoni in cui era contenuto e fu utilizzato per distruggere i raccolti, principale fonte di sostentamento dei guerriglieri, e creare zone prive di vegetazione più facilmente controllabili per fini tattici.

Questo è solo uno tra i tanti avvenimenti simili che possiamo ricordare ma, con la speranza di non ripetere gli errori del passato, dobbiamo imparare a utilizzare la chimica per conseguire la pace, obiettivo dell'Agenda 2030.

Bibliografia

  • Rossi, G.E; Winfield, J.M; Mitchell, C.J; Meyer, N; Jones, D.H; Carr, R.H; Lennon, D. (2020), “Phosgene formation via carbon monoxide and dichlorine reaction over an activated carbon catalyst: Reaction kinetics and mass balance relationships”, Applied Catalysis A: General.

     

  • Abu-Qare, A.W; Abou-Donia, M.B. (2002), “Sarin: health effects, metabolism, and methods of analysis”, Food and Chemical Toxicology.

     

  • Ciment J. (2007), “Vietnam: second Indochina war, Encyclopedia of conflicts since world war II”, vol. 3, pp. 676-677.

 

Sitografia

Attività per la classe


  1. L’atropina e la pralidossima sono i principali antidoti somministrati per trattare l’esposizione ad agenti nervini. Come agiscono? Svolgi una ricerca personale e prepara una breve presentazione da esporre ai compagni.


  2. Cosa si intende per armi chimiche “binarie”? Quali vantaggi offre il loro meccanismo d’azione? Realizza una ricerca in Internet e confrontati con i compagni sulle informazioni ottenute.