Salute e digitale: strumenti, potenzialità e compromessi
di Nicole Ticchi
- Obiettivo Primario: 9 - Imprese, innovazione e infrastrutture
- Obiettivo Secondario: 3 - Benessere e salute
- Materie: Biologia, Chimica, Informatica
Salute e digitale: strumenti, potenzialità e compromessi
Non potremo mai incontrarlo o scambiarci qualche parola con questo ricercatore, oltre ad essere virtuale non ha nemmeno un’immagine con cui possiamo identificarlo. Si tratta infatti di un sistema di intelligenza artificiale, concepito appositamente per la ricerca farmacologica, che ha sviluppato questo farmaco con un grande numero di operazioni: ha passato in rassegna tutti i potenziali principi attivi e ne ha verificato l’attività biologica rispetto a un enorme database di informazioni scientifiche e genetiche, così da prevedere gli effetti e le potenziali reazioni avverse.
Questo è uno dei tanti esempi di come anche la salute sta diventando un terreno sempre più fertile per il processo di digitalizzazione, che in questi ultimi decenni ha permesso di facilitare e rendere più efficienti molti processi di diagnosi, terapia e assistenza migliorando la qualità di vita delle persone. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’eHealth, ovvero la “salute digitale”, l'uso di tecnologie informatiche e di telecomunicazione a vantaggio della salute umana.
La pandemia è stata una dei banchi di prova più importanti per incentivare l’utilizzo di questi strumenti anche nella vita quotidiana, soprattutto per la velocità con cui era (ed è ora) possibile scambiare informazioni tra medici e pazienti, monitorare a distanza i parametri vitali e ottenere prescrizioni senza doversi necessariamente muovere dal luogo in cui ci si trovava. In tempi di isolamento è stata una vera benedizione, ma continuerà ad esserlo in molte altre situazioni.
Big data e salute
Ci sono varie sfide associate a ogni fase della gestione dei big data: quali possono essere secondo te?
Quanti se ne producono?Una miniera d'oro
La prevenzione di malattie, ad esempio, sta migliorando sempre di più grazie al fatto che abbiamo molti più dati su quello che succede ai pazienti che ne soffrono già e siamo quindi in grado di capire su cosa agire per evitare che nuove persone si ammalino. E, di conseguenza, su come impostare anche l’educazione ai corretti stili di vita e alla sicurezza.
Uno degli effetti che questa transizione sta avendo riguarda sia la maggiore efficienza nella tutela della salute, sotto diversi punti di vista. Significa, ad esempio, avere farmaci più efficaci e sicuri, con meno effetti collaterali e che tengono conto della grande variabilità biologica e fisiologica tra le persone. Significa poter fare diagnosi di malattie in tempi più rapidi e in momenti dove ancora la malattia è più facilmente curabile. Ma significa anche assicurare un livello di assistenza ai pazienti che permetta loro di vivere in sicurezza e poter essere monitorati senza dover stare in ospedale e senza dover spostare grandi quantità di persone. Tutto questo comporta risparmi dal punto di vista economico e un aumento dell’aspettativa e della qualità della vita, ma anche una riduzione dell’impatto ambientale sotto diversi aspetti. Dall’inquinamento ambientale evitabile se riduciamo gli spostamenti, alla riduzione delle risorse utilizzate e dei rifiuti prodotti se abbiamo medicine concepite con maggiore efficienza in partenza. Tutti aspetti che contribuiscono a definire questo processo di digitalizzazione più green e sostenibile.
Cosa vuol dire “digitale”?
Le nuove tecnologie per migliorare la salute, dalle più semplici alle più complesse, si basano tutte su calcolatori, sensori e supercomputer che generano, incrociano e analizzano grandi quantità di dati. A partire dalle ricette virtuali e dal fascicolo sanitario elettronico, fino all’utilizzo di sensori per monitorare il battito cardiaco e ai big data per capire come prevenire le malattie, tutto ciò che si utilizza è basato su dispositivi elettronici interconnessi e ad elevate prestazioni. I nostri smartphone si stanno trasformando sempre più in strumenti in grado, tra le altre cose, di rilevare dati sul battito cardiaco, la qualità del sonno e il nostro stato di salute sulla base dei dati che gli forniamo. La cosa più difficile, però, sta nell’immaginare questa grande mole di dati e di informazioni che viaggiano e si accumulano senza di fatto vederli mai, cosa che spesso ci fa dimenticare della loro esistenza. Non li vediamo fisicamente, ma ci sono, occupano spazio e richiedono risorse materiali.
Abbiamo scelto di rendere digitali i dati contenuti in fogli e cartelle perché lo spazio nei cassetti e nelle librerie iniziava a non bastare più. Abbiamo bisogno di accumulare e conservare informazioni, analizzarle e cercare correlazioni quindi i dati servono e da qualche parte devono essere conservati. Dagli scaffali si è quindi passati al cloud, nuvole immaginarie che fungono da deposito di informazioni e che per esistere hanno bisogno di server con alte prestazioni. Questi, a differenza delle nuvole menzionate prima, non sono immaginari, esistono e sono fatti di materiali fisici, circuiti elettronici e richiedono grandi quantità di energia elettrica per essere mantenuti in funzione e preservare i dati in modo che possano essere allo stesso tempo al sicuro ma disponibili alla consultazione. I dati legati all’ambito della salute sono circa il 30% del totale e le emissioni di anidride carbonica legate al mantenimento di queste strutture stanno inevitabilmente crescendo: vanno quindi considerate, anche se non sono così visibili.
Tutti i dispositivi elettronici e i calcolatori, da quelli più semplici e indossabili a quelli più complessi, richiedono inoltre materie prime per la fabbricazione che nella maggior parte dei casi sono metalli preziosi e terre rare e che pongono non pochi problemi sia a livello di approvvigionamento che di smaltimento. Servono infatti molta energia e uso di sostanze chimiche e ciò comporta rischi per l’ambiente e per la salute. Sono aspetti questi ultimi che comportano un impatto ambientale, ma anche politico, sociale ed economico non da poco e che devono essere quindi considerati per capire se questa transizione si può effettivamente definire sostenibile.
Molto spesso, infatti, sia l’estrazione di materie prime che lo smaltimento dei prodotti elettronici esausti avvengono in luoghi del mondo diversi rispetto a dove invece è concentrato l’utilizzo e la pratica del riciclo per valorizzare tali risorse rimettendole nel circolo produttivo non è ancora sviluppata a sufficienza. Questa volta le miniere d’oro sono vere e non solo figurate.
Considerare questi aspetti serve quindi a farci capire che non esistono soluzioni sostenibili al 100% e che ogni avanzamento tecnologico comporta un compromesso tra costi e benefici. Una delle sfide che la digitalizzazione si troverà ad affrontare, nella salute ma non solo, riguarda proprio la sostenibilità stessa nella produzione di strumenti e nella gestione delle risorse, per assicurare efficienza nella tutela di una salute che sia più estesa rispetto a quella umana.